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Le nostre Storie

Quanto è bella la vita!

di Simona
Urostomizzata

Simona L. – Una nostra amica uro-stomizzata in trattamento chemioterapico

È l’animatrice di uno dei nostri gruppi di auto-aiuto su WhatsApp. Il suo memoriale è un estratto dei suoi lunghi monologhi nella Chat. Molto sintetico ma crediamo altrettanto esaustivo e ricco di sentimenti e sensazioni vissute e superate brillantemente.

Mi accorgo, che non vi ho mai raccontato la mia storia. Molti di voi la conoscono già perché ne abbiamo parlato telefonicamente, altri no: semplicemente perché non ce n'è stata l'occasione!

Se non ho ancora scritto nulla di me finora è perché trovo difficile prendere le distanze da quello che si sto ancora vivendo e avevo paura di sembrare troppo ottimista… oppure, al contrario, troppo negativa. Poi, in uno slancio di lucidità: eccomi qui!

Nell’agosto del 2017 ho iniziato ad avere alcuni disturbi, tipo cistiti, che erano ricorrenti e perduravano. Sebbene tutti gli esami fossero negativi sentivo che c'era qualcosa che non andava. Il tempo passava ed ero sempre più sofferente e dolorante: dovevo andare in bagno spessissimo, avevo dolore, non dormivo...insomma la qualità della mia vita era decisamente bassa. Comunque tiravo avanti impegnata e distratta un po' dal lavoro, un po' dalla famiglia e un po' dagli esami che comunque erano rassicuranti. I giorni passavano e mi portarono 6 febbraio del 2018. Quel giorno durante una visita di controllo, dopo un’ecografia,  il mio  urologo, più spaventato di me, mi disse che avevo una massa nella vescica. A questa affermazione mi venne spontaneo dire. “Allora devo morire!....”.

Ci credevo sul serio. Mi sentivo condannata. Il mio pensiero non andava oltre quelle 2 parole: devo morire. La mente non riusciva nemmeno ad immaginare che si potesse vivere senza vescica; figurarsi come avrebbe potuto immaginare come ...

Stavo per compiere 50 anni e non vedevo futuro davanti a me.

Ma in breve tempo decisi che non potevo andare avanti così e cercai di tirare fuori quella parte del mio carattere che per mezzo secolo era stato caratterizzato da positività e dalla voglia di fare e reagire alle situazioni avverse.

Così cercai un ospedale d'eccellenza, relativamente vicino a casa. Era il 15 di febbraio ed ero lì, in visita dal primario.

Un uomo di poche parole e, diciamo pure,  non molto empatico. In meno di un quarto d’ora mi spiegò come potevamo procedere: mi prese in carico e, soprattutto, mi disse per la prima volta che c'erano delle possibilità di combattere la malattia e che erano difficili ma non impossibili. 

Mi avrebbe messo in lista d’attesa per una turv, che sarebbe stata il punto di partenza. Ho già detto che aveva un modo di fare brutale?... Mi disse che nessun carcinoma della vescica è benigno ma che questo non voleva dire che non ci sarebbero state strade per combatterlo.

Tornai a casa avvilita e per giorni non osai nemmeno pronunciare le parole tumore, cancro carcinoma ecc ecc…

Alternavo momenti di nero totale ad altri in cui dicevo: “Sicuramente tutto andrà bene”, ad altri in cui pensavo: “È tutto un brutto sogno!...”..

Come molte persona nella mia situazione iniziai a cercare, storie, testimonianze,  statistiche...chi mi conosce sa anche che forse ne cercai addirittura troppe!...

In questo cammino ho incontrato Edoardo e Palinuro; poi,  in seguito Daniela ed altri di voi (amici del gruppo di auto aiuto).

Ero alla ricerca di certezze che nessuno mi poteva dare (nota di Edoardo: ricordo che mi domandavi delle cose, poi ti davi le risposte da sola, perché avevi già letto tutto. Mi sovviene anche il tuo modo di ridere: una risata sguaiata, tra la forzatura e l’imbarazzo).

Però iniziai a comprendere che non ero sola: altri ci erano passati prima di me ed erano lì,  uscivano, lavoravano si divertivano.

Gente che aveva avuto percorsi duri, strade complicate ma che ora erano lì, con me.

Parlai tanto, soprattutto con Edo  e Daniela, così iniziai a vedere la luce (Edo: quanto è importante pensare a voce alta!...).

Attraverso le nostre infinite chiacchiere capì che non ero ad una fine, ma ad un inizio...nuovo, difficile, complicato...ma comunque un inizio.

Ora non voglio dilungarmi su come ho scelto l'ospedale, il chirurgo, la derivazione ecc ecc.

Credo che siano scelte personali: parlavo con tutti, elaboravo e sceglievo.

Non so se fu una fortuna  oppure una sfortuna parlare, soprattutto all'inizio,  con persone che avevano avuto tante complicazioni...eppure mentre ci parlavo e mi raccontavano come fosse stato difficile, io vedevo solo che adesso erano lì...con una vita, forse non facile… ma poi esistono vite facili?

Loro erano lì, ricordo di telefonate a Daniela e dei suoi messaggi: “Simo...sono a cena con amici, ti chiamo appena posso!”, di chiamate a Edoardo, mentre viaggiava in treno per andare a qualche Congresso, oppure quando diceva: “Oggi sono con il mio nipotino!”. 

Incredibilmente, era una gioia, non avevano tempo per me perché vivevano...allora si poteva vivere!?!...anch'io sarei tornata ad uscire con gli amici per un aperitivo, avrei fatto un viaggio?!?......

Mi ripeto spesso di essere stata fortunata: non ho avuto complicanze con l'intervento...Ok, ora faccio la chemio ma, per quanto inconsciamente lo negassi, già mi era stata prospettato da prima dell'intervento.

Capisco di essere un'inguaribile ottimista ma, vi assicuro,  non sono un'incosciente...So benissimo che la mia strada è ancora lunga, complicata, che ci saranno momenti no...

Ma questi mesi di vita, dopo l’intervento, mi hanno regalato anche tanto: bellissime amicizie, una nuova consapevolezza, tramonti splendidi, risate, cene, bagni al mare, abbracci...lacrime di gioia.

Uno dei motivi per cui sono presente in questa  chat è per far vedere che la vita dopo...non è tutta nera; neppure tutta in bianco e nero...ma regala anche un sacco di colori.

Non è necessario vedere solo i colori, ma è importante sapere che ci sono.

Spero di essermi spiegata un po'...sono una gran casinista quando scrivo, non rileggo ecc ecc...ma è semplicemente una piccola parte di quello che sento..

   

ALTRE CONSIDERAZIONI DI SIMONA in chat:

Ho letto l'articolo sull'Immunoterapia. Ok, per ora non evita la cistectomia radicale, però credo che sia comunque un ottimo passo avanti. Sarà la mia anima ottimista di natura, ma trovo che avere un arma in più, oltre alla chemio, sia molto positivo.

Oltretutto gli studi sono molto recenti e non mi sembra comprendano un numero molto elevato di pazienti.

A suo tempo mi ero un pochino documentata; ricordo che una parte dei protocolli sperimentali erano fatti su pazienti refrattari alla chemioterapia per cui su pazienti "difficili". Un 20% di risposta non mi sembra così terribile.

I pochi studi che ho trovato sulla chemio adiuvante, fatta dopo la cistectomia, parlano di  beneficio sul 6% dei pazienti trattati, con una sopravvivenza libera da ricadute maggiore solo di 6 mesi e che possono essere ammessi solo sotto stretti controlli.

Certo se speravamo che fosse la soluzione definitiva allora siamo ancora lontani.

Io credo che in un prossimo futuro la soluzione sarà probabilmente integrata, un protocollo che integri immunoterapia, chemio radio e chirurgia.

Vorrei parlarvi di qualità della vita e di  aiuto psicologico.

Ho l' impressione che in questo campo si faccia veramente poco. A me non è stato proposto alcun tipo di sostegno;  non vi è prassi o protocollo, come dicono i dottori.

Secondo me, invece, è fondamentale. Non porterebbe alla guarigione, certo, ma sicuramente aiuterebbe a vivere meglio. Perché, diciamola tutta, allungare la vita  non è sinonimo di vittoria contro la malattia: se il malato non trova anche un benessere psicologico...in poche parole: “ non vive bene”.

Il controllo del dolore, dell'ansia e dello stress permettono sicuramente di vivere la propria condizione in maniera più positiva.

In ospedale ho riflettuto su come le parole “carcinoma, cancro e tumore” siano ancora recepite come una condanna a morte. Io stessa, al momento della diagnosi mi sono sentita pronunciare le parole: “…allora devo morire”. Successivamente, elaborando la cosa, ho riflettuto su quanto fosse idiota questa frase: nascere e morire sono le uniche certezze della vita. Ogni mattina ci alziamo e viviamo la nostra giornata.

Gli incidenti stradali sono una delle cause maggiori di morte, eppure nessuno di noi si tiene lontano dalle strade: né pedone né automobilista. Per la strada non viviamo la morte come possibilità. Invece, di fronte ad una diagnosi di tumore,  andiamo immediatamente a vedere l'indice di sopravvivenza a 5 anni...e in qualsiasi caso diciamo che è troppo poco.

La cosa può essere anche positiva perché ci permette di mettere in moto dei meccanismi proattivi per cercare le migliori strategie per guarire...ma può pure far piombare in uno sconforto senza fine!...

Nei miei giorni in ospedale ho conosciuto persone che convivono con i loro carcinomi

(non solo vescicali) da molti anni, in alcuni casi da 18/20. Persone che hanno avuto anche recidive ma che, grazie al follow-up, sono riuscite a tenere sotto controllo la malattia e che oggi vivono una vita piena e soddisfacente.

Ecco forse si dovrebbe iniziare a pensare al carcinoma come una malattia cronica (Edoardo: e in effetti, oramai lo è!”.  Proprio per questa ragione non si dovrebbe pensare alla guarigione assoluta come unica meta accettabile. Si dovrebbe invece pensare che la vera vittoria sia convivere con la malattia: curarsi e controllarsi per avere una qualità della vita soddisfacente.

Chi soffre di altre malattie croniche, tipo il diabete, ha molte limitazioni e spesso conseguenze gravi, tipo l'amputazione degli arti inferiori. Però l’ammalato di diabete difficilmente viene trattato e compatito come un condannato a morte certa.

Invece, per esperienza, se dici “ho un carcinoma...” diventi immediatamente una persona malata con poche speranze di sopravvivere. Magari ti dicono anche: “Vedrai che guarisci!...”, ma lo senti che non ci credono fino in fondo.


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