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Le nostre Storie

Non sono una combattente... mi sono presa cura della nuova me

di Daniela B.

Neovescica

 

Nel gennaio 2016, dopo essermi accorta della presenza di ematuria nell'urina, corsi dal medico per gli accertamenti del caso (subodorando la criticità). Dopo un primo esame, citologico, la presenza di positività nelle cellule, spinse il medico ad ulteriori accertamenti. A seguito di ecografia e tac, la conferma tanto temuta: neoformazione vescicale...(omissis).

L'urologo (dr. Castelli) dell'ospedale presso il quale mi ero rivolta, San Gerardo di Monza, subito mi mise in lista per una TURBT con posizionamento di catetere ureterale che avrei dovuto tenere per circa 2/3 mesi (in attesa dell'istologico).

Dall'esame istologico si decretò, definitivamente, la presenza di Carcinoma uroteliale papillare e solido ad alto grado.

Dal colloquio con l'urologo di turno (dr. Baccalin - ospedale San Gerardo) venni a conoscenza delle varie tipologie di intervento che mi si prospettavano e, poiché rientravo nella categoria delle persone "ancora giovani", mi fu consigliato: cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ileale ortotopica.

Ma il fatto più sorprendente fu che, al San Gerardo di Monza, in quel periodo, il reparto era sprovvisto di primario (il dr. Grasso, primario a Monza, andò al Sacco di Milano) e nessun chirurgo era in grado di effettuare una cistectomia radicale con neovescica ortotopica.

Il dr. Baccalin mi consigliò allora due eccellenze: Humanitas di Milano; Papa Giovanni di Bergamo.

Durante quel periodo la disperazione mi spingeva a ricercare attraverso tutti i mezzi possibili, qualcuno (soprattutto una donna) che avesse già affrontato questa apoteosi spaventosa ma senza successo.

Trovai sul sito dell'Aimac diverse testimonianze ma prevalentemente maschili e quindi parzialmente di aiuto.

Nel frattempo, ad aprile del 2016, ricevetti una telefonata dal dr. Castelli (il chirurgo che mi praticò la TURBT) il quale mi chiese come mai non mi ero più fatta sentire (ma come? non avrebbe dovuto, l'ospedale stesso, mettermi in lista per l'intervento successivo o quanto meno contattarmi?). Risposi che mi era stato riferito della mancanza di chirurghi in grado di operare. Lo stesso mi disse che il primario del reparto di urologia, dr. Grasso, era ritornato al San Gerardo e che potevo tranquillamente affidarmi a lui.

Acconsentii così ad un colloquio con il dr. Grasso. Quale errore!!!!!

La conversazione con questo medico scaturì in me il più profondo sconforto tanto da pensare di non farmi operare. Questo illustre, esimio e chiarissimo dottore mi propose due alternative:

1) ureterocutaneostomia (da me conosciuta in quanto mio padre fu vittima di questo tipo di intervento con tutte le conseguenze del caso);

2) ureterosigmoidostomia (al solo pensiero, ricordo, mi ero sentita male).

Uscii da quel colloquio scoraggiata, abbattuta e avvilita.

Solo la vicinanza di mio marito mi aiutò a prendere una decisione. Così dopo ben 4 colloqui/pareri di ospedali diversi decisi di affidarmi al dr. Da Pozzo dell'ospedale Papa Giovanni di Bergamo.

Cambiò tutto. Mi fecero incontrare Rossana, la stomaterapista del reparto, che, su mia richiesta, mi fece incontrare Liliana, una signora operata un anno prima la quale mi cambiò drasticamente l'indole. Vedendola e parlandoci fece sì che il mio umore acquisì una forza inaspettata. Dopo l'intervento si poteva tranquillamente ritornare ad una vita normale!

Il 19 maggio 2016 fui operata di cistectomia radicale + linfoadenectomia pelvica bilaterale estesa + neovescica ileale ortotopica.

La degenza fu difficilissima e dolorosa. Ebbi diverse complicanze che mi portarono ad altri 3 ricoveri.

Superato il periodo critico crebbe in me un pensiero che mi attanagliava e che mi spingeva a fare qualcosa.

Mi misi a disposizione per tutte quelle donne che come me avrebbero dovuto affrontare questo tumore. Aprii una stanza mirata sul forum dell'Aimac. Cominciai a ricevere le prime richieste. Col tempo aumentavano e mi resi conto che ero attorniata da tantissime donne con il mio stesso problema.

Pensai addirittura di creare un'associazione ma mi mancava il supporto necessario e i mezzi tecnici. Venni a conoscenza, attraverso una persona che mi aveva contattata, Simona Lessi, dell'esistenza della Palinuro. Apriti cielo! Eccola! L'associazione tanto sperata. Un coordinamento perfetto: contatto, conoscenza, linee guida. Molte delle donne che mi avevano contattato ora ne fanno parte. Uniti nelle proprie esperienze e con la tenacia di chi ne fa parte è, per me, una speranza assoluta. Ora, quando qualcuno mi contatta, so dove convogliarlo!

Daniela


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