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E intanto è in arrivo un nuovo stato d'allerta: in USA carenza BCG

E INTANTO E' IN ARRIVO UN NUOVO STATO D’ALLERTA: IN USA CARENZA DI BCG.

Cosa possiamo imparare, cosa dobbiamo auspicare

Spesso si dice che quello che accade in USA prima o poi arriva in Europa. A proposito dell’attuale carenza negli States di BCG (Bacillus Calmette Guerin), farmaco efficace per il trattamento delle forme superficiali del tumore alla vescica, da alcuni nostri associati ben conosciuto e somministrato, possiamo dire che si tratta di una seconda volta.

Intanto una piccola introduzione sul farmaco. Il BCG fu scoperto all’inizio del secolo scorso e utilizzato per la prima volta nell’uomo nel 1921 per la prevenzione della tubercolosi. Successivamente si è compreso che le proprietà immunomodulanti del BCG potevano trovare utilizzo in varie patologie causate da micobatteri e non. Tra queste ultime, emerse il tumore non invasivo della vescica, per il quale fin dagli anni ‘70 del secolo scorso il BCG è utilizzato a livello universale, diventando, nel corso del tempo, il farmaco di elezione per questa patologia, pur con qualche limitazione in termini di efficacia e tollerabilità. E’ un farmaco che comunque ha oltre 40 anni, ma di questa anzianità e dei suoi effetti parleremo in conclusione dell’articolo.

Alcuni anni fa dunque, precisamente nel 2012, una delle due aziende farmaceutiche che commercializzavano il BCG, per motivi tecnici riguardanti la produzione del farmaco ne sospese la produzione, con effetti anche in Europa. Rimase come unica fonte di BCG approvato in USA la tipologia che va sotto il nome commerciale di OncoTICEÒ. Gli effetti furono una forte limitazione delle scorte e del farmaco messo in vendita con conseguente razionalizzazione del suo uso con metodiche proposte anche da parte dell’Associazione Urologi Italiani al pari delle altre Associazioni di specialisti in altri paesi del mondo.

Dopo qualche tempo, la produzione riprese i suoi livelli normali già a fine 2013 fino ad oggi. Adesso nonostante l’aumentata produzione di OncoTICEÒ, la quantità di BCG disponibile sul mercato sembra non essere sufficiente a soddisfare interamente le richieste di trattamento dei pazienti americani.

Già da tempo sia le Associazioni dei pazienti (la potente BCAN, di cui Palinuro è consorella) sia quelle degli Urologi Americani avevano posto l’attenzione sul problema, ma solo negli ultimi mesi la carenza di BCG si sta trasformando in un vero e proprio allarme. Sul sito web del Congresso dell’Associazione Americana di Urologia (AUA) che si è tenuto a Chicago lo scorso maggio, è comparso un “Allarme” che riportava la criticità della situazione di approvvigionamento di BCG, e in una sessione plenaria del Congresso dedicata al problema, alcuni clinici americani hanno denunciato l’impossibilità negli Stati Uniti di reperire il farmaco per i propri pazienti. Analoghi allarmi sono stati diffusi anche dalla stampa USA, vedi l’articolo apparso su “The Washington Post” il giorno 18 giugno.

  Per fronteggiare il problema in USA è stato redatto dalle principali associazioni  di urologi assieme a BCAN un decalogo in otto punti (https://www.bcan.org/wp-content/uploads/2019/05/BCAN-Letter-Re-BCG-Shortage-for-Web.pdf) per ottimizzare l’utilizzo del BCG disponibile, che prevede in alcuni casi la riduzione fino ad un terzo della dose normale.

Ne riportiamo la sintesi, precisando che il decalogo richiama analoghi orientamenti già a suo tempo espressi dall’Associazione degli Urologi Italiani nel 2012.

  • Il BCG non dovrebbe essere usato da pazienti a basso rischio
  • La chemioterapia vescicale (mitomicina – su questo farmaco di pari anzianità del BCG torneremo in conclusione di articolo, gemcitabina, epirubicina o docetaxel ) dovrebbe essere usata come opzione di prima linea in alternativa al BCG per pazienti con grado intermedio di rischio di tumore superficiale (NMIBC) con recidive di basso grado multifocali e lesioni livello Ta.
  • Il BCG può essere somministrato come terapia di seconda linea per gli stessi pazienti con rischio intermedio di NMIBC ma dovrebbe essere usata ancora la terapia chemioterapica durante la carenza di BCG.
  • Il BCG dovrebbe essere usato in via prioritaria per i pazienti con NMIBC di alto grado, T1 e CIS. Se non disponibile per questa tipologia di pazienti dovrebbe essere al massimo ridotta la dose di 1 / 2 o 1/ 3.
  • Per la terapia di mantenimento con pazienti affetti da NMIBC, ogni sforzo dovrebbe essere fatto per ridurre la dose a 1/3 per la durata di 1 anno.
  • In caso di perdurante scarsità di BCG la terapia di mantenimento potrebbe essere effettuata in via prioritaria soltanto a chi ha effettuato terapia di BCG fin dall’inizio.
  • Se il BCG non fosse proprio disponibile una preferibile alternativa potrebbe essere costituita dalla mitomicina (instillazione e mantenimento mensile per 1 anno). Altre opzioni: gemcitabina, epirubicina, docetaxel, valuribicina. Da valutare anche una sequenza di gemcitabina/docetaxel o gemcitabina/mytomicina sia per instillazione che per mantenimento.
  • A pazienti già all’inizio con situazioni di alto rischio (ad esempio alto grado , T1 con fattori di rischio aggiuntivi come CIS, infiltrazione dei linfonodi, coinvolgimento prostata/uretra) che non vogliono prendersi ulteriori rischi oncologici con agenti intravescicali alternativi al BCG, dovrebbe essere offerta una iniziale cistectomia radicale, se candidabili a tale soluzione chirurgica.

Riteniamo sia da sottolineare come in chiusura di tali indicazioni si precisa che eventuali decisioni devono essere espresse solo dopo informato confronto e discussione con il paziente anche con riguardo alle opzioni di trattamento durante il periodo di carenza di BCG anche con riguardo ad appropriate alternative.

Sia pure forzatamente questa negli USA potrebbe anche essere l’occasione per valutare con maggior profondità l’efficacia e la valenza degli attuali protocolli per migliorarne l’attuale standard e dare maggior impulso alla ricerca per farmaci alternativi di ancora miglior efficacia e minori effetti collaterali. Attualmente negli USA in effetti gli sforzi sono indirizzati anche ad individuare nuove e affidabili fonti di vaccino (e pare che qualche proposta sia già al vaglio dell’FDA (Food and drug administration che è l’organo che negli Stati Uniti autorizza la messa in commercio ed uso di farmaci) e soprattutto a scoprire valide alternative terapeutiche al BCG, come sopra dicevamo, più efficaci e meglio tollerate.

Da un punto di vista economico, come si rileva nello stesso articolo del Washington Post, non sono all’orizzonte impegni di altre case farmaceutiche in USA per la produzione del BCG in quanto, a livello di logica economica, gli investimenti non consentirebbero, alla luce del costo piuttosto basso del farmaco, un ritorno economico soddisfacente.

Da noi, Italia ed Europa, dove sono disponibili anche ceppi di BCG derivati da altri produttori asiatici, il problema non sembra al momento così critico, anche se si sono verificati casi di carenza temporanea di OncoTiceÒ, finora sporadici e rapidamente risolti.

Riprendendo quanto all’inizio accennato vi è stata una piccola tempesta di luglio relativa alla carenza di mitomicina presso l’Ospedale fiorentino di Careggi. Piccola tempesta, perché subito risolta senza troppi problemi per i 25 pazienti cui era stato sospeso. Non ci risultano carenza in altre regioni italiane ed il sospetto di una strumentalizzazione politica del caso, data anche l’enfasi mediatica suscitata, sproporzionata rispetto all’episodio ed alla stessa sequenzialità della procedura.

Occorre tuttavia mantenere alta l’attenzione e monitorare la situazione segnalando alla nostra Associazione eventuali casi di non disponibilità.

Vogliamo concludere con un auspicio. Pur riconoscendo efficacia nella cura del tumore superficiale a BCG e Mitomicina, i problemi attuali e potenziali della loro produzione forniscono un elemento ulteriore a rendere necessario di accelerare la ricerca, lo studio e la sperimentazione di farmaci alternativi.

Pur assicurando i due farmaci citati un buon livello di guarigione (siamo sul 70% dei casi) entrambi rappresentano in ogni caso soluzioni elaborate, definite e messe in uso circa 40 anni fa ed il 30 per cento di evoluzioni dell’NMIBC verso il peggioramento della malattia resta ancora una percentuale troppo alta, non soddisfacente e da abbassare drasticamente in linea con gli sviluppi conseguiti per altre patologie oncologiche. Questo anche in considerazione delle soluzioni successive ad una infausta diagnosi evolutiva costose per il sistema nonchè rischiose e peggiorative dal punto di vista di qualità della vita per il paziente.

Qualcuno ci ascolterà?

Di Alessandro Boni 


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