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Archivio news secondarie

Le news non comparse in home page, non per questo meno importanti.

NON MANDATEMI DELLE FAKE, ALTRIMENTI M’I….O!

Fake

Malgrado dobbiamo lottare con una patologia che è già impegnativa per conto suo, siamo il bersaglio ideale di gente poco scrupolosa con i nostri click sulle loro pagine Internet fa i soldi, vendendoci delle panzane e alimentando le nostre ansie e il nostro stress.

Cosa credete abbia pensato quando mi sono visto recuperare questo link sul mio WhatsApp?...

https://www.essere-informati.it/la-chemioterapia-non-funziona-arriva-la-conferma-delloms/?fbclid=IwAR0FfMaP_pYazSUuzLsaryoHIUN2FH5eXO_w-70jhpd0B2dkDEZXU_ZMyqQ

Una fake!...e, giuro, non mi sono minimamente preoccupato per la notizia ma invece mi sono preoccupato tanto per la creduloneria della persona che, probabilmente in balia del panico me l’aveva inoltrata.

Lo sapete che l’obiettivo più ambito dai predatori di Internet, oltre ai bambini (genitori di) sono i malati oncologici. Questi “schifosi” speculano sulle persone più deboli per avere una manciata di click in più e, per ogni click, qualche soldo in più che gli viene riconosciuto dal dottor Google.

Stiamo assistendo alla cosiddetta disinformazione on-line a livello globale, un fenomeno subdolo e dalle diverse e complesse implicazioni, che fa leva sul senso di angoscia, talvolta di disperazione dei pazienti, sfruttando l’affannata ricerca di speranza.

È vero, è triste che a tutti i problemi che già ha una persona ammalata di cancro si debba aggiungere la preoccupazione e lo stress causato da queste persone senza scrupoli.

E si che un anno fa, proprio da questa newsletter,  vi avevo messo in guardia: “SALUTE IN INTERNET: UN DECALOGO PER NON CORRERE RISCHI”. https://www.associazionepalinuro.com/2-non-categorizzato/133-salute-in-internet-un-decalogo-per-non-correre-rischi.html

Oggi però desidero tornare sull’argomento per cercare di fare un punto definitivo che vi permetta di discriminare facilmente una “fake” da una notizia vera.

Intanto andiamo alla definizione di fake news: “Notizie volutamente fuorvianti costruite per aumentare le visite al sito, informazioni non in buona fede e con indicazioni errate, o che intendono vendere attività del tutto prive di fondamento scientifico”.

Dopo il decalogo di Cipomo,  desidero oggi trasferirvi i 7 consigli  per i lettori di tutto il mondo redatti da International Fact-Checking Network diffusi in Italia da “Intermedia” la Società che si occupa di comunicazione per  conto di AIOM, la nota Società Scientifica nota per la redazione delle Linee Guida:

  • Verifica sempre le fonti che stanno dietro un articolo/testo/teoria
  • Leggi un articolo non limitandoti al titolo
  • Controlla l'autore di quella notizia
  • Se hai dubbi fai ulteriori ricerche online
  • Controlla che i numeri citati siano corretti
  • Esci dalla bolla informativa che ti è congeniale leggendo anche opinioni diverse dalla tua
  • Chiedi il parere di esperti in quella determinata materia

In modo particolare andando a verificare le fonti del messaggio ricevuto dalla mia “PaLiNUra” il 17 settembre u.s.  vedo che cliccando su Google il  sito “essere informati”  il primo risultato che trovo è che è in "the black list".  la lista nera dei siti bufala. In modo più particolare è un sito definito “clickbait”,

i cui gestori sono aggregatori di notizie, copia incollatori, senza alcuna verifica dei fatti con titoli accattivanti per attrarre il lettore.

Però consolatevi. Non siete i soli ad avere abboccato: Più di 9 milioni di italiani  sono stati vittima di fake news nel campo della salute.  E 4 italiani su 5 non sanno riconoscere una fakenews.

Proprio per evitare il perpetrarsi di questa situazione  Fondazione AIOM (e AIOM), il 26 marzo 2018, hanno realizzato il portale «Tumore, ma è vero che?» dedicato a combattere le fake news in oncologia e a promuovere la prevenzione primaria, la diagnosi precoce e le nuove terapie innovative.  In questa iniziativa è attivo un Comitato scientifico composto da un gruppo di oncologi è a disposizione per rispondere alle numerose richieste di chiarimenti che arrivano tutti i giorni dai cittadini e che confermano l’assoluta esigenza di chiarezza.

Dal 26 marzo 2018 ad oggi «Tumore, ma è vero che?» ha individuato:

  • 400 bufale
  • 175 fake news sulle cure alternative
  • 160 sulle cause dei tumori

Proprio in merito a questa fakenews ho scritto personalmente  «Tumore, ma è vero che?».

Ecco la risposta che ho ricevuto:

Gentilissimo, grazie per aver visitato il sito e grazie per il commento.
Come ha già potuto notare, abbiamo già provato a commentare il
problema sul nostro sito. Naturalmente il nostro commento può essere
citato, meglio ancora inserendo i link alle pagine:

https://www.tumoremaeveroche.it/cancro-cosa-si-nasconde/e-vero-che-nel-97-dei-casi-la-chemioterapia-non-funziona/

https://www.tumoremaeveroche.it/cancro-cosa-si-nasconde/la-chemioterapia-e-una-pratica-assassina/

https://www.tumoremaeveroche.it/cancro-cosa-si-nasconde/e-vero-che-esiste-una-cura-per-il-cancro-ma-viene-occultata-dalle-case-farmaceutiche/

La prossima volta, prima di abboccare, fatelo voi direttamente!


Contro le Farmaceutiche

CONTRO LE “FARMACEUTICHE” C’È DEL COMPLOTTISMO O SONO VERAMENTE DEGLI SCIACALLI CHE SPECULANO ALLE SPALLE DELL’AMMALATO?...

Desidero riportare qui di seguito lo stralcio di una discussione in chat tra due amiche appartenenti al gruppo di “auto aiuto” su Whatsapp; devo dire,  tra l’altro,  unico momento di piccola tensione tra i partecipanti, in due mesi d’attività:

Amica “A”

“Vi voglio raccontare una storia vera. Un mio parente fu operato circa 14 anni fa di un tumore al rene. Essendo allergico a tutte le medicine chimiche (non poteva fare nemmeno la tac), ricordo che potette fare solo la PET senza liquido di contrasto, che rivelò dei puntini neri a tutte e due i polmoni. Questo mio parente non fece mai nessuna chemio; si fece curare da un medico omeopata di Novara senza mai prendere medicine tradizionali sintetiche! L’unica cosa che fece fu la PET. Ci credete se vi dico che le cure fatte dall'omeopata sono state per lui un salvavita?.. senza mai alcuna sofferenza. È ancora vivo e vegeto all'età di 83anni. I polmoni sono rimasti invariati da quella prima pet che fece!...Cosa dobbiamo pensare?... Quali sono le cure più indicate e meno tossiche???...”.

Amica “B”

“Sono di indole dubbiosa  e cerco 3000 informazioni dovunque. Il mio obiettivo è in realtà avere chiare tutte le possibilità disponibili, sempre a livello di medicina tradizionale,  per potere poi scegliere quella che valuto migliore per la mia situazione…. In tutto ciò non dico nemmeno quella che ci fa vivere di più ma quella che ci fa vivere meglio”. È tuttavia fondamentale che siano informazioni verificabili ….se si parla di miracoli allora vado a Lourdes…dove pare funzionino in modo più certo!”.

Amica “A”

“Io invece penso che anche se le Farmaceutiche avessero scoperto la cura anticancro non lo rivelerebbero mai, ci sono  troppi interessi!...Come farebbero le grandi aziende farmaceutiche senza questo business?...anche molti dei medici conosco la pensano come me!”:

Insomma, ancora una volta mettiamo in dubbio la medicina tradizionale a favore di terapie che possono intelligentemente essere affiancate (per esempio per la cura degli effetti collaterali o per la riabilitazione), accusandola di nascondere la “già nota” cura definitiva contro il cancro. Tutto questo per non uccidere un business così redditizio. Negli anni ’70 si diceva la stessa cosa nel settore automobilistico, dove avrebbe già dovuto essere pronta una macchina che andava ad acqua. In questo caso avrebbero dovuto essere le grandi aziende petrolifere ad uccidere le neonata proposta.

Di fatto, negli ultimi trent’anni, la medicina ha fatto importantissimi passi avanti nelle cura contro il cancro. Basti pensare che per diverse forme di tumore (testicoli in urologia), se prese per tempo, si arriva fino al 95% di possibilità di sopravvivenza. Per non parlare della qualità del trattamento per esempio nella chemioterapia. Trent’anni fa, probabilmente agli albori, gli effetti collaterali erano difficilmente tollerabili, a differenza di quanto succede ora.

Certo è un business e di conseguenza, come tutti i business sani deve produrre utile, altrimenti non starebbe in piedi?... Però bisogna ricordare che una parte importante di questo utile viene reinvestito proprio nella Ricerca, sempre ai fini del miglioramento (e spesso per protocolli che si rivelano dei “flop”, pertanto costi puri, senza alcun ritorno!...).  Molte farmaceutiche poi desiderano migliorare il loro rapporto non solo con il medico ma anche con il paziente.  Spesso investono fior di quattrini per aiutare la crescita formativa delle Associazioni di Volontariato, aiutandole nella formazione e nei loro progetti rivolti proprio ai loro associati: i pazienti!...Non sono tutte ma sicuramente ce ne sono diverse estremamente attive su questo fronte. Insomma: non si può fare di tutta l’erba un fascio!

Devo dire che alla sua costituzione PaLiNuro ha sempre rifiutato questi aiuti perché, con molta diffidenza, subodorava una forma quasi ricattatoria: in fondo nessuno fa niente per niente!... Devo tuttavia dire che in quasi cinque anni di attività associativa ho dovuto ricredermi e oggi sono convinto che una collaborazione seria e proficua tra Associazioni di Volontariato Oncologico e Farmaceutiche è possibile, senza che l’Associazione debba rinunciare in alcun modo alla propria indipendenza o dovendo subire dei condizionamenti di alcun tipo. Se questo dovesse succedere saremmo comunque pronti a troncare immediatamente la collaborazione, senza alcuna forma di vincolo.

Come noi la pensano tante altre associazioni. Proprio alla fine di luglio scorso sono stati pubblicati i risultati di una ricerca di mercato che le Farmaceutiche hanno fatto proprio per capire come potere collaborare meglio con le Associazioni. Ne pubblichiamo qui di seguito la sintesi.

 Comunicato stampa basato sui dati riportati in una nuova relazione: “La reputazione aziendale delle case farmaceutiche nel 2017, secondo i gruppi di pazienti italiani”, quarta edizione.

Sebbene i gruppi di pazienti italiani abbiano un’opinione per lo più positiva delle case farmaceutiche, ritengono anche che potrebbero essere di gran lunga più efficaci nel comunicare con loro e con i pazienti in generale

  • I punti di vista di 81 gruppi di pazienti italiani.
  • Risultati estratti da un’indagine condotta tra novembre 2017 e febbraio 2018.

La relazione analizza 17 aziende:

AbbVie I AstraZeneca I Bayer I Boehringer Ingelheim I Bristol-Myers Squibb IChiesi Farmaceutici  I Eli Lilly I GSK I Janssen I Menarini I Merck & Co / MSD INovartis I Pfizer I Roche I Sanofi I Takeda I e Teva

I gruppi di pazienti italiani si propongono principalmente di fornire informazioni e sostegno ai pazienti

Il movimento italiano dei pazienti è diffuso in tutta la penisola ed è in gran parte incentrato sulle comunità locali. L’indagine in corso di PatientView, “Analisi comparativa del movimento di pazienti, 2018”, i cui risultati saranno pubblicati ad agosto del 2018, conferma che le funzioni primarie dei gruppi di pazienti italiani sono:

  • fornire informazioni ai pazienti;
  • offrire sostegno reciproco;
  • rappresentare gli interessi dei pazienti sia a livello politico che con i professionisti del settore sanitario.

Dunque, informazioni, conoscenza e comunicazione sono al centro delle attività dei gruppi di pazienti italiani. Tali gruppi indicano inoltre come proprio queste attività possono migliorare la reputazione aziendale delle case farmaceutiche.

Cosa hanno affermato i gruppi di pazienti italiani su reputazione e attività aziendale delle case farmaceutiche

Dal Grafico 1 emerge che nel 2017 la maggior parte dei gruppi di pazienti italiani aveva un’opinione positiva del settore farmaceutico: il 54% degli intervistati ha affermato che il settore aveva una reputazione aziendale “eccellente” o “buona” (l’orientamento dei gruppi di pazienti italiani tende tuttavia a fluttuare di anno in anno, come mostrato sempre dal Grafico 1).

Nel 2017, più di metà dei gruppi di pazienti italiani riteneva che il settore farmaceutico fosse “eccellente” o “buono” nei campi dell’innovazione (51%) e nella fornitura di prodotti di alta qualità (57%).

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GRAFICO 1: Percentuale dei gruppi di pazienti italiani intervistati tra il 2014 e il 2017 che ha affermato che la reputazione aziendale del settore farmaceutico era in generale “eccellente” o “buona”

GRAFICI 2-4: La percentuale dei gruppi di pazienti (al mondo e divisa per 18 Paesi/regioni) che nel 2017 ha dichiarato che l’industria farmaceutica era “eccellente” o “buona”. [I numeri tra parentesi quadre sono i numeri totali dei gruppi di pazienti intervistati per Paese/area geografica.]

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Tuttavia, rispetto ai gruppi di pazienti a livello mondiale, i gruppi di pazienti italiani hanno un’opinione più negativa di altre attività chiave del settore farmaceutico [vedere i Grafici 2-4], soprattutto per quanto riguarda la divulgazione di informazioni ai pazienti e dei dettagli dei finanziamenti degli stakeholder di aziende sanitarie. Questo ha di conseguenza un impatto negativo sulla percezione dell’integrità del settore farmaceutico da parte dei gruppi di pazienti italiani. Inoltre, i gruppi di pazienti italiani sono più negativi dei gruppi di pazienti a livello mondiale riguardo alla capacità delle case farmaceutiche di offrire servizi che vadano “oltre il farmaco”.

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 Richiesta di un maggiore impegno da parte delle aziende farmaceutiche

 I gruppi di pazienti italiani si sono espressi (in diversa misura) su quasi tutti gli aspetti delle attività delle case farmaceutiche e il tema dominante che è emerso è stata la frustrazione per la comunicazione inefficiente delle aziende farmaceutiche. I gruppi di pazienti italiani hanno dunque richiesto un’interazione migliore con le aziende del settore. Un esempio calzante è il commento rilasciato dall’Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari Onlus (ALT).

 “Informazione chiara e utile al paziente.”—Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari Onlus (ALT)

 Quest’associazione ha elencato dettagliatamente i modi in cui le case farmaceutiche possono migliorare la comunicazione con i pazienti e i gruppi di pazienti

  1. 1. Incontrare di persona i gruppi di pazienti (e aiutare le organizzazioni di pazienti a fare networking tra di loro)

“Contattare, anche attraverso i DSM, le Associazioni di pazienti e familiari e proporre modalità e opportunità di partecipazione.”—Gruppo di pazienti nazionale per la alute mentale

  1. 2. Emettere comunicazioni pubbliche più chiare (coerenti e scrupolosamente oneste)

“Comunicare la propria policy in modo chiaro e comprensibile.”—Gruppo di pazienti nazionale per il tumore al seno

  1. 3. Offrire incontri informativi ai pazienti (al fine di aiutarli ad acquisire una maggiore conoscenza del loro trattamento medico)

“Offrire incontri informativi per pazienti e familiari sull’uso corretto, modalità e tempi di assunzione, esiti previsti, effetti collaterali, modalità di automonitoraggio.”—Gruppo di pazienti nazionale per la alute mentale

  1. 4. Fornire strumenti informativi ai gruppi di pazienti (così che possano comunicare meglio con i pazienti che rappresentano)

“Coinvolgere le organizzazioni dei pazienti per spiegare gli effetti collaterali di un nuovo farmaco Oggi si studia la genetica delle malattie e per questo sarebbe utile spiegare agli utenti come e quando é necessario fare una consulenza genetica.”—Gruppo di pazienti regionale per il tumore alle ovaie

  1. 5. Fornire strumenti informativi ai professionisti del settore sanitario (così che possano spiegare meglio ai pazienti la natura del loro trattamento medico)

“Dovrebbe investire nei medici invogliandoli a comunicare di più con i pazienti quando prescrive una terapia e non limitarsi a compilare la ricetta. Come fa altrimenti un paziente a dialogare con la casa farmaceurtica?”—Gruppo di pazienti locale per l’artrite

I gruppi di pazienti italiani hanno inoltre affermato che l’ascolto dovrebbe essere parte integrante del processo di comunicazione e che le case farmaceutiche dovrebbero prestare più attenzione al punto di vista dei pazienti, soprattutto per i problemi legati a ricerca e sviluppo (e per l’esecuzione del trattamento, una volta prescritto). Alcuni dei gruppi di pazienti italiani hanno dichiarato che il loro contributo e quello dei pazienti alla ricerca e allo sviluppo delle case farmaceutiche è indispensabile per l’ottenimento di una buona reputazione aziendale.

Quel è stata dunque la prestazione delle case farmaceutiche nel 2017 in quanto a reputazione aziendale, secondo i gruppi di pazienti italiani?

La classifica delle reputazioni aziendali viene misurata dai gruppi di pazienti che conoscono le aziende.

La classifica delle migliori aziende del 2017 è in gran parte simile a quella del 2016.

  • AbbVieè al primo posto su 17 nella classifica generale del 2017 e ha inoltre conquistato il primo posto per sei dei 12 indicatori individuali della reputazione aziendale.
  • Roche è al secondo posto nella classifica generale ed è inoltre al primo posto per uno dei 12 indicatori individuali della reputazione aziendale.
  • Eli Lillyha ottenuto il terzo posto nella classifica generale e ha conquistato il primo posto per quattro dei 12 indicatori individuali della reputazione aziendale.
  • Janssen è stata l’azienda con il maggior salto in classifica dal 2016 al 2017, in base alla votazione dei gruppi di pazienti italiani che hanno familiarità con l’azienda, passando dall’ultimo posto in classifica nel 2016 al nono posto (su 17) nel 2017. Ha inoltre conquistato il primo posto nel 2017 per uno dei 12 indicatori individuali della reputazione aziendale.

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PROFILI DEGLI 81 GRUPPI DI PAZIENTI ITALIANI CHE HANNO PARTECIPATO ALLO STUDIO DEL 2017

 Campo di specializzazione degli 81 gruppi di pazienti italiani intervistati nel 2017: in numeri

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Area geografica di competenza degli 81 gruppi di pazienti italiani intervistati nel 2017: in percentuale

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Attenzione alle sirene!

ATTENZIONE  ALLE SIRENE!... GLI OSPEDALI CHE SI METTONO TROPPO IN MOSTRA A VOLTE SONO “VENDITORI DI FUMO”

 

Nei primi mesi dell’anno ho avuto il piacere di assistere Antonio, 66 anni, grandissimo sportivo. La sua più grande preoccupazione, con l’avvicinarsi della chirurgia , erano i tempi di recupero. Temeva la perdita del tono muscolare e si sentiva impazzire al pensiero di dovere restare inattivo troppo a lungo.

L’ultima volta che ho avuto occasione di sentirlo è stato il sei giugno scorso. Mi chiamò per sfogarsi sulla lunga attesa a cui l’aveva costretto l’ospedale dove aveva deciso di farsi operare. Quando c’è di mezzo la robotica, si sa, i tempi d’attesa sono più lunghi. Comunque aveva finalmente una data!...

Da allora Antonio, come spesso capita, non si è fatto più sentire. Ero convinto che tutto fosse andato per il meglio e, dovendo mettere insieme “Palinuro Outdoor & Adventure”  pensai di contattarlo per avere anche la sua adesione, prefigurandomelo già in pieno recupero, impegnato in maratone e ginnastica per lo sviluppo degli addominali.

Non potete immaginare la mia reazione sentendo al telefono una persona psicologicamente a pezzi. Capita, con una certa frequenza, che un intervento abbia dei problemi post operatori. A volte anche per imperizia, errore di valutazione o decisione sbagliata durante l'intervento da parte del chirurgo. Siamo tutti esseri umani e “sbagliare e umano”, anche se uno sbaglio addosso a noi è un po’ meno tollerabile.  In questi casi, nella norma, il paziente si aspetta il massimo impegno da parte del medico per raddrizzare la situazione. Se tra medico e paziente poi esiste un rapporto fiduciario, il paziente da tutto sé stesso per aderire alle terapie di riabilitazione proposte dal medico.

Nel caso di Antonio il medico ha sbagliato ma… il suo atteggiamento verso la persona danneggiata è stato di sfida, di arroganza, di disinteresse, quasi se la colpa dell’imperizia professionale fosse del paziente e non sua: “Ma come, l’organismo di questo tizio mi rema contro?...Mi è ostile?...Non fa quello che voglio?...E no!...Mica mi si puoi rivoltare contro!...”.

In questa vicenda anche il personale infermieristico non ha aiutato. In occasione di una chiamata di soccorso l’infermiere di turno si è presentato dopo venti minuti, facendo presente al malato dolorante che in reparto “non era l’unico ad avere problemi”!...Io non sono mai stato infermiere ma se dovessi sentire un campanello suonare andrei subito a fare una verifica, magari tranquillizzando a parole il paziente e comunque dando le precedenze alle priorità. Non sarebbe la cosa più logica!...In venti minuto uno fa in tempo a morire…e non mi si parli di carenza di personale!...Non è accettabile avere solo un infermiere nel reparto di degenza di un ospedale di “quel tipo”.

Non desidero raccontare tutte le tribolazioni di Antonio, né desidero svelare il nome dell’ospedale  in cui è avvenuto il fatto…Nemmeno il nome del chirurgo.

Se lo vorrà lo farà Antonio stesso, uno dei nostri amici silenti, che ci seguono  ma che non se la sentono di mettersi direttamente in gioco.

Il nostro Sito è pronto ad ospitare  tutte le denunce per incapacità di “certi medici”. Non dobbiamo subire passivamente!...Non siamo “carne da macello” ed abbiamo dalla nostra i “diritti dell’ammalato”!...

Allora, rifiutiamo atteggiamenti altezzosi, maleducati, evasivi….Anche se chi li ostenta è un “primario”.

Anche per quanto riguarda gli infermieri. In fondo ritengo che se nel reparto di un ospedale  le cose non funzionano bene,  la colpa sta sempre  nel manico!...Come in ogni altro tipo di attività economica.

PaLiNuro non è un movimento sindacale ma vuole tuttavia evidenziare i casi in cui persone operate, pur essendo vive, restano rovinate per il resto della vita, spesso per “errore” di un chirurgo blasonato che sbaglia e poi non si adopera per raddrizzare il suo errore!

Il nostro sito vuole essere una vetrina per le migliori pratiche, ma anche una gogna per chi lavora male.

Ci sono troppe realtà ospedaliere gonfiate dalla pubblicità e che nella realtà non rispondano alla promessa che fanno nella loro comunicazione roboante: robotica, innovazione, ecc… Troppo spesso le promesse sono gonfiate e troppo spesso vengono disattese.  Troppo spesso in queste strutture sono solo i soldi a motivare i medici e allora forse sarebbe il caso di fare una profonda riflessione, anche tra Servizio Pubblico e Servizio Privato.

In definitiva poi, tornando a PaLiNUro, più passa il tempo e più capisco perché sia per noi così difficile essere attivi in nuovi ospedali: potremmo essere una realtà scomoda, capace di denunciare certe anomalie del sistema. Insomma una presenza non gradita.


SALUTE IN INTERNET: UN DECALOGO PER NON CORRERE RISCHI

 

Il progetto vuole aiutare gli italiani a distinguere tra informazione, divulgazione e disinformazione.

A partire dalla metà di Marzo 2018, in tutti i reparti oncologici italiani è stato esposto il decalogo “Salute in Internet : 10 regole per navigare in sicurezza”, ideato da Unamsi (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione) in collaborazione con Cipomo (Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri) con lo scopo di contrastare il dilagare di fake news in ambito sanitario con soluzioni mediche “fai da te” trovate su Internet. 

Nel manifesto sono scanditi i consigli fondamentali - e molto semplici - da seguire. L’idea è nata anche alla luce dei recenti episodi di cronaca che hanno visto protagonisti malati di cancro che si erano affidati a sedicenti guru. Seguendo poi “cure alternative” rivelatesi inutili, oltre che fatali.

In ambito medico, e ancor più in ambito oncologico, è fondamentale invece affidarsi a alle cure convenzionali.

Il progetto ha ottenuto il contributo e l’approvazione di numerose società scientifiche.

Tra queste, Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri), Simg (Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie), SIU (Società Italiana di Urologia) e Soi (Società Oftalmologica Italiana), e altri.

Immagine Poster


Esternazioni

Dopo l'ennesima e-mail ricevuta da compagni di sventura questuanti informazioni di taglio medico, relative a situazioni particolari del loro carcinoma alla vescica, a cui il loro medico curante pare non avere dato risposte o solo risposte parziali, in qualità di rappresentante di un'associazione di pazienti oncologici, mi sono sentito nella posizione di richiamare l’attenzione della classe medica perché si soffermi un attimo a riconsiderare la sua relazione con l'ammalato in termini di umanità. L’ ”Umanizzazione del rapporto medico-paziente è spesso dibattuta negli incontri tra associazioni di volontariato oncologico. Palinuro, associazione molto giovane e probabilmente poco “corazzata” (siamo nati nel marzo 2014), affronta per la prima volta questo argomento e desidera condividere la sua esperienza, oltre che con i suoi associati,  con le associazioni consorelle.

Edoardo Fiorini

“Cari Dottori, non siamo “rompiballe” ma persone che hanno bisogno di voi …  come voi di noi!”

Leggi la lettera

 


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