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Conservazione della vescica-trimodale

Obiettivo: conservazione della vescica

Approccio conservativo combinato

Un approccio terapeutico curativo mirato alla conservazione della vescica può essere proposto anche in casi selezionati di neoplasia vescicale muscolo-invasiva. Esso include una resezione endoscopica estesa in profondità seguita da un trattamento chemio-radioterapico subentrante o concomitante. Pur in assenza di ampi studi randomizzati, sulla base di diversi protocolli del Radiation Therapy  Oncology Group (RTOG) e di numerosi studi clinici di singole istituzioni europee e nordamericane, questo trattamento ha dimostrato di essere un’alternativa sicura ed efficace alla cistectomia radicale per pazienti che rispondano a ben definiti criteri di inclusione. Le linee guida delle maggiori organizzazioni e società scientifiche (National Comprehensive Cancer Network, Società Europea di Oncologia Medica, Società Europea di Urologia, Rete Oncologica Lombarda, ecc.) includono la preservazione della vescica tra le opzioni terapeutiche  in casi particolari di neoplasia muscolo-invasiva.

Le linee guida dell’Istituto Nazionale inglese per la Salute e l’Eccellenza Clinica (NICE) raccomandano di discutere dell’opzione terapeutica di preservazione della vescica con tutti i pazienti candidati alla cistectomia radicale. Ciononostante, in Italia il protocollo di trattamento conservativo è utilizzato solo sporadicamente (2-5% dei casi). Una ragione della limitata diffusione di quest’approccio è sicuramente correlata alla necessità di una stretta collaborazione tra urologi, oncologi medici e oncologi radioterapisti, ancora poco diffusa in Italia.

La Rete Oncologica Lombarda ha recentemente messo in rete un protocollo facilmente fruibile per l’applicazione di questa procedura in tutti i centri che dispongano dei requisiti minimi. Anche in questo caso  è auspicabile che con l’avvento dei team multispecialistici uro-oncologici quest’approccio possa essere offerto al paziente come opzione nei centri di eccellenza.

Team multidisciplinari.

Analogamente a quanto avvenuto per il carcinoma mammario, prostatico e colon rettale, anche l’approccio al carcinoma vescicale si è evoluto da trattamento prevalentemente chirurgico a trattamento multimodale. Lo sviluppo e la rapida espansione di trattamenti potenzialmente efficaci, tecnologicamente complessi e somministrabili da specialisti appartenenti a differenti aree di applicazione clinica ha reso indispensabile l’approccio da parte di un Team Multidisciplinare (TMD) a tutte le neoplasie, comprese quelle della vescica. Per rispondere a quest’esigenza non più eludibile, per la prima volta, tutte le società scientifiche (AIOM, AIRO, AURO, AIRB, CIPOMO, SIU, SIUrO) hanno deciso di intraprendere un processo culturale e clinico-organizzativo che possa offrire gli strumenti idonei per dare forza e unanimità a un pensiero scientifico trasferibile anche ai decisori istituzionali. Questi obiettivi si fondano sull’adozione di linee guida universalmente accettate come espressione dell’evidenza clinica e sulla definizione di un Percorso Diagnostico-Terapeutico Assistenziale (PDTA) clinicamente condiviso oltre che istituzionalmente accettato e formalizzato. Numerose barriere culturali, professionali e funzionali, insieme a difficoltà logistiche ed economiche, hanno costituito una limitazione concreta allo sviluppo e all’implementazione dei TMD nei diversi paesi europei con la conseguenza che, ad oggi, l’impatto documentato delle attività dei TMD nella gestione delle neoplasie rimane ancora limitato così come limitata è l’evidenza attuale di una sua reale efficacia. Non vi è dubbio tuttavia, che l’approccio multidisciplinare sia in grado di esprimere al meglio le sue potenzialità soprattutto nella gestione di casi clinici complessi per i quali la definizione della tipologia e del timing del trattamento può essere decisamente difficoltosa per la presenza di più opzioni terapeutiche e per la sovrapposizione di più competenze. Questo contesto appare ideale per la gestione dei pazienti affetti da neoplasia vescicale muscolo-invasiva. Nella gestione del carcinoma della mammella e del carcinoma della prostata, il ruolo del TMD è sancito da evidenze internazionali ottenute nell’ambito organizzativo di unità multidisciplinari (Breast Unit/Prostate Unit)17.

Per il carcinoma della vescica non sono reperibili al momento esperienze strutturate né in ambito nazionale né internazionale che costituiscano un riferimento; non sussistono di conseguenza evidenze cliniche di efficacia. Tuttavia, esperienze di approccio strutturato in un TMD per le neoplasie urologiche sono in via crescente di attivazione e implementazione in numerosi paesi europei (Inghilterra, Germania, Spagna, Svezia) e i dati preliminari indicano un impatto determinante dell’attività del TMD nella clinica pratica. Fino al 20% dei casi di tumore prostatico, il 25-40% dei tumori della vescica e il 17-35% dei casi di tumore del rene hanno ricevuto, dopo valutazione multidisciplinare, un trattamento diverso da quello che avrebbe ricevuto da un singolo specialista, consentendo sia un’ottimizzazione dei risultati oncologici sia significativi risparmi gestionali18. Il carcinoma invasivo della vescica sembra costituire un campo elettivo di azione del TMD. È facile infatti comprendere come tutte le novità terapeutiche sopra accennate e fortemente auspicate possano trovare la loro realizzazione esclusivamente in un contesto multidisciplinare formalizzato e istituzionalizzato nell’ambito di centri di riferimento a omogenea diffusione regionale e nazionale. L’obiettivo dell’attività dei team multidisciplinari non è la malattia bensì il paziente. In questo contesto il ruolo delle associazioni dei pazienti non solo è auspicabile, ma fortemente raccomandato come parte attiva e integrante dell’intero processo assistenziale.

In Italia infatti, proprio con il determinante contributo di F.A.V.O. – in rappresentanza delle 550 associazioni federate – è stato possibile dare risposte ai nuovi bisogni dei malati, attraverso il riconoscimento di nuovi diritti. Dalla denuncia delle disparità di cura e di assistenza nei diversi ambiti territoriali ad un’azione costruttiva e sinergica per il loro superamento attraverso l’impegno delle istituzioni per garantire parità di trattamento e il miglioramento della condizione di vita delle persone con esperienza di tumore.

 

(da White Paper del carcinoma della Vescica)
Autore : dott. Renzo Colombo

Otto risposte sull'impiego della radioterapia nella cura del tumore superficiale

Le domande sono state poste al Dott. Giovanni Battista Ivaldi - U.O. di Radioterapia presso Fondazione Salvatore Maugeri di PAVIA – da alcuni pazienti affetti da Tumore Superficiale della Vescica.

1. D. Esistono paesi europei/occidentali dove la radioterapia nel trattamento del tumore della vescica (sempre a certe condizioni del paziente) è maggiormente praticata? Se si, esistono dati statistici?

R. Le società americane di Urologia (AUA, SUO), Oncologia Clinica (ASCO) e Oncologia Radioterapica (ASTRO) hanno Indicato come alternativa terapeutica l’approccio trimodale in pazienti selezionati. La scelta definitiva della terapia risente ancora in maniera eccessiva delle convinzioni del singolo specialista ed è perciò auspicabile un maggior coinvolgimento dell’équipe multidisciplinare e dei pazienti nella definizione dell’iter terapeutico: attualmente, infatti negli Stati Uniti la quota di trattamenti conservativi rappresenta il 26% e nel Regno Unito il 46%. In Italia i dati disponibili sono limitati, sebbene vi sia un 12% sul totale dei pazienti sottoposti a radioterapia vescicale che hanno ricevuto un approccio trimodale.

2. D. Esiste una casistica ed una statistica degli effetti collaterali della radioterapia nel trattamento trimodale del tumore della vescica?
3. D. Quanto conta la modernità dei macchinari sull’efficacia della trimodale e quali sono gli standard tecnici ottimali per evitare/attenuare effetti collaterali?
4. D. In quali ospedali/cliniche in Italia e all’estero si trovano i macchinari di ultima generazione?
5. D. I tumori della vescica di alto grado (T1G3), soprattutto se associati a CIS, sono tumori di confine fra superficiali e infiltranti il muscolo (T2). Mentre nel secondo caso (T1 G3 + CIS) sappiamo che può essere praticata la praticabilità di un intervento trimodale, sul primo (T1 G3) vi sono esperienze/studio casi clinici di trattamento con radioterapia con e senza chemio associata?
6. D. Nel caso di tumori vescicali qualora si palesassero formazioni benigne (polipetti) in organi limitrofi alla vescica (es. retto), anche a seguito di terapie di vario tipo (chemioterapico o immunologico) sarebbe possibile intervenire con la radioterapia per eradicare tali formazioni?
7. D. In caso di capacità vescicale ridotta (200 cc) può essere ugualmente indicata la radioterapia in trimodale oppure questo può costituire una limitazione?
8. D. In caso di valutazione per trimodale nella cura del tumore alla vescica, quanto è importante l’analisi del paziente ed il rapporto con lui (malattia e persona) da parte di tre specialisti in equipe (urologo radioterapista, oncologo) e quali potrebbero essere le indicazioni per una gestione ottimale dei singoli casi?

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