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Rinuncia alla maternità

Cistectomia radicale nella donna giovane. Il trauma più grande dovuto alla chirurgia demolitiva

DONNE SCUSATECI!...NON SIAMO INSENSIBILI. SIAMO SOLO DIVERSI DA VOI

PER QUESTO NON RIUSCIAMO A CAPIRVI!

Più di trent’anni fa, quand’ero un giovane manager nel pieno vigore della mia carriera professionale e neo papà, mia moglie, che, per motivi di salute non avrebbe dovuto avere altri figli, rimase nuovamente incinta. Ricordo come ora la sua felicità. Era pronta a ripercorrere il lungo periodo della gravidanza con una nuova maturità e già assaporava il gusto della nuova maternità, il piacere di dare un fratellino a Federico e di vedere crescere la famiglia.

La vita purtroppo  ci sfama con bocconi dolci e con bocconi amari. Poco dopo lo scadere del secondo mese il ginecologo della mia donna gli diagnosticò un fibroma all’utero e le impose d’interrompere la gravidanza per non mettere a rischio la sua vita. Malgrado la sua volontà e la sua tenacia nel volere portare a termine la gestazione io stesso fui inflessibile in senso contrario, supportando le argomentazioni del medico e ricordandole che era giusto che lei vivesse soprattutto per Federico, il bimbo che già c’era e che aveva bisogno di crescere con la sua mamma.

Lucia fu pertanto operata e le furono asportate tutte le parti necessarie alle procreazione.

Da quel momento mia moglie entrò in un profondo stato di depressione e di frustrazione. Per essere sincero cercò varie volte di spiegarmi cosa sentiva e per che ragione lo sentiva. Io tuttavia non riuscivo a capire. Aveva tutto quello che poteva desiderare. Ci amavamo, avevamo un figlio che era il ritratto della salute e della gioia, la mia vita professionale ci poteva permettere un buon tenore di vita e tutto intorno a noi sembrava perfetto. Lei ne era consapevole. Tuttavia era più forte di lei. Ciclicamente ritornava sugli stessi pensieri e su quella menomazione che mai più le avrebbe permesso di tornare ad essere mamma.

Il tempo, si sa, è un grande medico. Dopo più di trent’anni la sofferenza si è gradualmente assopita. Sono tuttavia rimasti i rimpianti e ancora oggi, quando andiamo sull’argomento, i suoi occhi si rattristano e la sento allontanarsi da me manifestandomi una sorta di sordo rancore.

Forse non è mai troppo tardi per certe cose. Le esperienze di questi ultimi anni mi hanno arricchito regalato la capacità di ascoltare meglio il mio prossimo. Forse sono più rilassato e, soprattutto molto meno concentrato su me stesso. Il lavoro che faccio in PaLiNUro mi spinge verso gli altri ed oggi sono più sensibile alla sofferenza degli altri sia provocata da dolori del corpo che da dolori  dell’anima.

Circa un anno fa ho seguito il percorso clinico di una giovane paziente (38 anni), madre di un bimbo di quattro anni. Dopo la chemioterapia, la cistectomia radicale, la ricostruzione della vescica, la convalescenza e il ritorno alla vita normale. Un percorso clinico da manuale. Tutto perfetto. Direi che questa cara amica è tornata a vivere perfettamente normale con nessun problema o strascico determinati dalla chirurgia demolitiva.  La sua continenza notturna  va dalle sei alle otto ore. Come una persona normale. Questa donna è veramente felice di essere uscita dal tunnel e di essere tornata a pieno alla vita normale: lavoro (è una donna in carriera), figlio (ha la fortuna di avere un bimbo veramente da “mangiare” per la sua simpatia) e attività sportiva alla grande (piscina tutti i giorni!).

La sento molto spesso e le ho chiesto spesso di dirmi quali sono i contributi che la nostra Associazione potrebbe dare a nuove ammalate con le sue stesse caratteristiche. Anche se nei mesi di accompagnamento abbiamo maturato un notevole livello di confidenza, a parte il suggerimento di praticare della ginnastica “ad hoc” per rafforzare il pavimento pelvico,  non sono mai riuscito a farle esternare le recriminazioni che di quando in quando le tormentano l’anima.

La punta dell’iceberg del suo problema è emersa da una frettolosa chiacchierata che questa giovane donna ha fatto nei mesi scorsi con mia moglie. In fondo mi rimproverava per avere dato molto spazio ai problemi sessuali causati dalla chirurgia demolitiva nell’uomo. L’asportazione della prostata ed il taglio dei nervetti preposti all’erezione condannano infatti l’uomo a una sorta di impotenza sessuale (vedi UTILITÀ / Problemi e Soluzioni / Problemi Sessuali). In fondo era stato il suo commento finale l’amareggiava il fatto di avere dato così tanto rilievo alla sessualità di pazienti perlopiù ultrasessantenni, non tenendo conto dei problemi che la cistectomia radicale causa alla donna, soprattutto se ancora nell’età di procreare.

Nelle donne, infatti, la cistectomia radicale comporta generalmente la rimozione della vescica e di molti organi adiacenti, tra cui l'utero, le tube, le ovaie, e parte della parete della vagina. Ecco un ritorno al passato!...Certo, come non capirlo prima.

Da allora ho cercato in più di un’occasione di affrontare l’argomento con questa mia giovane amica. Abbiamo contatti frequentissimi, via telefono, sms,  e-mail. Purtroppo è stata sempre molto sfuggente a questo proposito ma…ieri sera!...

Le avevo chiesto spesso di farmi conoscere il suo bambino e finalmente ieri mi ha invitato a casa sua per un the. Abbiamo così trovato anche il tempo per fare due chiacchiere a quattr’occhi e di affrontare questo tema.

Oggi, per una donna,  i quarant’anni rappresentano un po’ l’ultima opportunità per esprimere la propria femminilità attraverso l’atto della procreazione. È un impulso, un desiderio forte che tuttavia per chi non è nelle  condizioni fisiche di poterlo fare crea un profondo stato di frustrazione e d’impotenza. Per la mia amica inoltre, l’incomprensione e l’insensibilità da parte degli uomini che lei stima ed ama (dal marito, all’oncologo, dal chirurgo che l’ha operata al sottoscritto)  hanno ulteriormente aggravato questa condizione. I “però oggi sei fuori dal tunnel!”, “Però hai già un figlio!”, “Che bisogno hai di un altro figlio!” non fanno che aggravare la situazione creandole stati di rancore e di rabbia,  soprattutto verso il maschio stupido … che non capisce. O non è in grado di capire!...Siamo così diversi!...

Sorseggiavo il mio the e ascoltavo la mia amica, intanto mi tornava alla mente la mia giovane età e le pene di mia moglie, quando poco più che trentenne  si trovava nella stessa situazione della mia “compagna di sventura”.

“Chissà se una donna di questa età e con un figlio fosse in grado di averne ancora  li desidererebbe così tanto?...” è la domanda che mi era sorta nella mia mente ma che mi ero guardato bene dal formulare.

Ne ho invece parlato a mia moglie, tornando a casa. Non mi ha saputo rispondere tuttavia si è un po’ risentita per tutta l’empatia che stavo mostrando alla mia amica, soprattutto se confrontata con la scarsa sensibilità che avevo avuto nei suoi confronti. Anche se con molto ritardo le ho presentato le mie scuse e il mio pentimento. Non credo siano serviti a qualcosa. Tuttavia con la presente desidero solo suggerire “più ascolto e comprensione” ai mariti e ai compagni di giovani donne che per qualsiasi motivo si trovino nella condizione di non potere avere più figli.

Il tempo poi, come ho già scritto, è il grande medico. Nel breve termine però penso che un supporto psicologico potrebbe essere di grande aiuto.

A questo proposito ho chiesto il parere a una psicologa, che ha aderito con piacere. Eccolo pubblicato qui di seguito!

Il parere dell'esperto

Dott. Anna Maria Barbero
Psicoterapeuta Psicosomatista
Membro ISIPSe' EMDR Practitioner

Le parole che Edoardo utilizza per iniziare il suo racconto sono esplicative delle dinamiche che caratterizzano la relazione tra un uomo e una donna, dove spesso come dice lui, si definisce insensibilità ciò che risulta essere differenza.

È opinione comune che la sensibilità delle donne sia maggiore rispetto a quella degli uomini. Molteplici sono le ricerche scientifiche che si sono interrogate sulle differenze tra il maschile e il femminile, alcune delle quali hanno trovato la risposta nelle differenze biologiche dei rispettivi cervelli.

Louann Brizendine [1] sostiene che il codice genetico femminile e maschile è simile per il 99 per cento. Nonostante tutto, la sola differenza dell'uno per cento è in grado di influenzare ogni cellula del corpo, sia a livello nervoso nel modo di registrare il dolore e il piacere, che a livello neuronale nel trasmettere sentimenti, percezioni, emozioni e pensieri. Senza sottovalutare l'influenza delle continue fluttuazioni ormonali a cui la donna è costantemente sottoposta durante tutte le fasi della sua vita, (pubertà, gravidanza, menopausa) in grado di agire sui desideri e sul modo di percepire la realtà. [2]

Oggi grazie alle tecnologie non invasive per immagini ( PET e fMRI ) e' possibile osservare il cervello umano mentre recupera ricordi, risolve problemi, nota espressioni del volto e il modo in cui reagisce di fronte alla paura.

L'ipersensibilità della donna al dolore e alle sensazioni viscerali sembra essere correlata sia all'aumento degli estrogeni che si verifica fin dall'adolescenza, che ad una maggior ampiezza delle aree cerebrali che registrano tali sensazioni.

A differenza negli uomini le emozioni provocano più pensieri razionali e meno sensazioni viscerali. L'uomo quando si trova di fronte ad un emozione tende ad evitarla in ogni modo. Questo atteggiamento sembra dovuto ad una procedura più lunga che il cervello maschile deve seguire per interpretare i segnali emotivi, e la maggior parte delle volte non ha voglia né pazienza per comprendere di che emozione si tratti. Questa sembra essere una delle ragioni che inducono i mariti e i medici (di sesso maschile) a rispondere con le parole che citava Edoardo: " qual'è il problema..di figlio ne hai già uno!".

La ricerca ha constatato che le prime differenze tra i due sessi sono già presenti durante lo sviluppo fetale e risultano essere correlate all'attività ormonale che influirà sui rispettivi sistemi neuronali dell'uomo e della donna nell'arco di tutta la loro vita.

Negli uomini si evince un potenziamento delle aree cerebrali correlate al sesso e alla aggressività, a differenza nelle donne spicca una predisposizione alla relazione, a placare i conflitti e una inclinazione ad essere maggiormente empatiche, grazie ad una maggior presenza di neuroni specchio nelle loro aree cerebrali. Tali neuroni risultano essere fondamentali nell’accudimento dei neonati, poiché permettono alla madre di poter comprendere i bisogni del proprio figlio, attraverso l'insieme dei messaggi corporei che il bambino comunica con lo stato di benessere o di malessere.

Ma, ancor prima di ogni altro aspetto ciò che caratterizza la differenza tra un uomo e una donna, sono gli organi genitali coinvolti nella strutturazione  dell'identità di genere.

Per entrare nel merito degli interrogativi che si pone Edoardo, e' doveroso riconoscere che l'utero rappresenta per una donna, non solo una parte del proprio corpo, ma un organo fondante l'identità femminile e materna, nella sua espressione reale, simbolica ed emotiva. Rappresenta l'organo che racchiude in sé la potenza creativa e generatrice. Un uomo può comprendere tale valore se lo riconosce come analogo della sua virilità maschile.

Questo mancato riconoscimento sembra essere all'origine dell'irritazione che trapela dalle parole dell'amica di Edoardo, che lo rimprovera per aver dato così tanta importanza alle difficoltà sessuali a cui vanno incontro gli uomini ultra sessantenni in seguito allo stesso intervento, la cistectomia radicale, trascurando l'impatto emotivo che l'asportazione dell'utero ha per una donna in età fertile. "L'impotenza" e' la dimensione che accomuna entrambe le identità, maschile e femminile in questa esperienza corporea, ma che è stata riconosciuta da Edoardo solo nella sua manifestazione sul versante maschile.

Gli interventi demolitivi della sfera genitale non solo ledono l'integrità anatomo-funzionale del corpo femminile, ma ne compromettono anche l'immagine corporea che riassume in sé la conoscenza, l'esperienza percettiva e l'atteggiamento emotivo verso il proprio corpo.

L'infertilità che deriva sia da esiti chirurgici che ormonali, può avere ripercussioni anche nella sfera erotica della donna, soprattutto oggi che abbiamo superato la stereotipata dicotomia tra sesso erotico e sesso riproduttivo, e può causare in lei una visione deformata della propria femminilità. Nonostante l'utero sia un organo invisibile, in alcuni casi può originare un disagio simile a quello vissuto di fronte ad un deficit fisico manifesto, e l'impossibilità di procreare può causare nella donna una perdita della propria autostima, un sentimento di  impoverimento con conseguenti stati depressivi.

Nonostante l'esito di infertilità accomuni sia l'isterectomia semplice che la cistoscopia radicale, quest'ultima compromette maggiormente la sfera della femminilità perché l'intervento demolisce tutte le parti che la caratterizzano; utero, ovaie e parte della vagina obbligando la donna a confrontarsi con un ulteriore cambiamento in età fertile a causa della rimozione delle ovaie: la menopausa anticipata, con tutte le conseguenze fisiologiche e psicologiche che ne derivano.

Un altro dato che non deve essere trascurato riguarda l'entità della patologia. La cistoscopia radicale si rende necessaria a fronte di una grave neoplasia che mette in pericolo la vita stessa della paziente.

La patologia oncologica e' un avvenimento traumatico che lede l'identità soggettiva minando l'equilibrio psicofisico. Nonostante il riconoscimento da parte della scienza medica delle componenti stressanti a cui è sottoposto il paziente oncologico, nella realtà l'attenzione viene rivolta principalmente, se non esclusivamente agli aspetti medici, trascurando l'esplorazione del vissuto soggettivo del paziente che sovente affronta l'esperienza in solitudine, rischiando in questo modo di generare circoli viziosi che nel tempo risultano essere sempre più indicibili e congelati in memorie traumatiche [3]

È la memoria traumatica che riaffiora anche nello sguardo triste della moglie di Edoardo dopo trent'anni di sofferenza assopita e non dissolta. Una tristezza correlata al vissuto di lutto per la perdita dell'utero che non essendo stata del tutto elaborata, non ha avuto modo di trasformarsi, mantenendo così le sue caratteristiche traumatiche a distanza di anni. È il trauma del passato che si mantiene vivo nel presente.

Da decenni studi e ricerche mediche confermano le connessioni tra mente, corpo, emozioni e comportamenti. Di qui, l'importanza di creare uno spazio analogo per il vissuto psicologico a quello riservato alla presa in carico della patologia nell'ambito medico, e riflettere su: "cosa succede alle persone che ricevono una tale diagnosi? E nello specifico quali emozioni si attivano quando si sentono prospettare la necessità di un intervento demolitivo riferito a organi parti integranti della propria identità di genere? " Questo sembra essere l'obiettivo di Edoardo che, avendo sviluppato negli anni una maggior sensibilità  empatica, cerca di trovare una risposta a tali interrogativi allo scopo di  essere di aiuto a chi oggi sta attraversando questa esperienza.

L'intervento psicologico integrato con il protocollo EMDR4 risulta utile nella presa in carico dei pazienti con vissuti traumatici per poter, come dice E. Faretta: "ripristinare l'equilibrio emotivo e relazionale, rielaborando i momenti più traumatici legati alla malattia e promuovendo le risorse dell'individuo e dell'ambiente".

Dott. Anna Maria Barbero

[1] Neuropsichiatra dell'Universita' della California che ha fondato il UCSF Women's Mood e la Hormone Clinic di S. Francisco

2 Louann Brizendine " il Cervello delle Donne" ed Rizzoli 2007

3 E. Faretta "trauma e malattia l'EMDR in Psiconcologia" Mimesis 2014

4L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico.

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