L’intervento di TURV, come abbiamo visto, libera la vescica dalla malattia e la sua efficacia dipende dal volume, dimensioni e numero delle lesioni. Quanto più limitata è la malattia tanto più la TURV è risolutiva e viceversa. Abbiamo visto anche che tra le caratteristiche della malattia figura una più o meno spiccata tendenza a formare recidive, ovvero, il formarsi di ulteriori tumori nel corso del tempo. Su questo aspetto della malattia è ovvio che la resezione non può influire. Ecco pertanto che si ricorre a farmaci antitumorali che vengono iniettati periodicamente direttamente dentro la vescica tramite un catetere e, a contatto con l’urotelio vescicale, esercitano un effetto d’inibizione della crescita di ulteriori tumori.
Tra i farmaci antitumorali più diffusi figurano la Mitomicina C (MMC) e il Bacillo di Calmette Guerin (BCG).
Questi farmaci sono i più frequentemente utilizzati in tutto il mondo. Il meccanismo d’azione del primo, la MMC (chemioterapico), sta nella capacità di danneggiare la capacità riproduttiva delle cellule tumorali, mentre il meccanismo d’azione del secondo, il BCG (immunoterapico), è diverso: provoca una reazione infiammatoria sulla vescica e causa una desquamazione delle cellule malate che vengono eliminate attraverso le urine; le cellule normali sostituiranno quelle malate. Il BCG, inoltre, stimola le difese immunitarie combattendo la malattia.
Fin qui tutto bene, tuttavia, non va dimenticato che, come tutti i farmaci, anche questi hanno i loro effetti collaterali e che sono dose dipendenti, ovvero, tanto più a lungo si somministrano tanto più aumenta il rischio di incorrervi. Questi effetti possono essere immediati, ovvero, seguono l’instillazione, come sensazione di bruciore durante la minzione, frequenza e urgenza ad urinare; presenza di sangue o frammenti di tessuto nelle urine dovuti all’azione del farmaco sulla mucosa vescicale, sensazione di fastidio nella parte anteriore del basso addome, febbre da lieve a elevata a 38/39° con brividi durante le prime 24 ore (più frequente con l’impiego del BCG). Inoltre, possono essere dovuti alla somministrazione di farmaci a lungo termine e si manifestano come una riduzione di elasticità della parete della vescica, con conseguente riduzione della sua capienza.
Noi di Palinuro definiamo il tumore superficiale un matrimonio a vita. La figura sottostante mostra che nella norma mentre per il tumore infiltrante il percorso clinico si risolve dopo pochi mesi attraverso la chirurgia radicale, per il tumore superficiale si possono invece presentare tre diversi scenari, normalmente tutti di media/lunga durata: la risoluzione,
principalmente nei tumori di basso grado, il mantenimento o la chirurgia negli altri casi. In ogni opzione per il tumore non infiltrante le linee guida prevedono un iter di controlli costanti programmati nel tempo.
*Sull'asse verticale abbiamo posizionato la gravità della malattia; in alto il tumore superficiale, che rappresenta i 2/3 delle diagnosi e in basso quello infiltrante che rappresenta il restante 1/3. Sull’asse orizzontale abbiamo invece inserito il fattore tempo espresso in anni.
È anche opportuno sapere che nonostante questi farmaci siano in uso da circa mezzo secolo, e che in questo arco di tempo siano stati pubblicati numerosi studi clinici, non abbiamo informazioni rigorose poiché la maggior parte degli studi sono stati condotti con imprecisioni metodologiche che limitano il significato dei risultati osservati fin qui. In sintesi, la certezza sulla loro efficacia è condizionata da un ampio numero di variabili tumorali delle quali non abbiamo ancora una conoscenza precisa. E’ altresì opportuno considerare che esiste un atteggiamento, chiamiamolo di prudenza generosa, per cui spesso gli urologi consigliano le instillazioni vescicali (così si chiamano in gergo) anche in assenza di sicure evidenze di efficacia. Un criterio di sobrietà è costituto dall’applicazione delle linee guida nazionali e internazionali.
Il tumore alla vescica comporta un controllo a vita che richiede diligenza e collaborazione da parte del paziente.