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L’onconefrologia nel paziente affetto da neoplasia uroteliale

Esiste uno stretto collegamento tra le patologie oncologiche e le patologie renali. Ma pochi pazienti ne sono, ahimè, a conoscenza. Se da un lato quando viene posta diagnosi di neoplasia uroteliale (sia essa a carico del distretto vescicale, ureterale o renale) il paziente viene immediatamente messo al corrente di quella che sarà la strategia terapeutica per debellare o curare il tumore, passando attraverso l’expertise sia chirurgico che oncologico, poca rilevanza viene invece data alle possibili sequele nefrologiche derivate sia dal tumore che dalle terapie che verranno approntate.

Eppure, se un individuo potrà essere candidato a numerosi regimi terapeutici, siano essi chirurgici o farmacologici, bisognerà sempre fare i conti con la abilità che il rene ha di depurare il sangue, onde evitare tossicità acute o complicanze peri-post-operatorie capaci di compromettere in maniera drammatica la vita del paziente.  

Ma allora perché non si affronta immediatamente il capitolo “malattia renale” nel paziente oncologico?

Semplice. L’insufficienza renale, a parte il danno acuto severo condizionante ricovero ospedaliero immediato e terapia sostitutiva con dialisi, è una malattia silente fino agli stadi avanzati, aspecifica in termini di sintomatologia e spesso poco “discussa”. Si stima infatti che solo una percentuale inferiore al 10% di malati di insufficienza renale cronica sappia di essere affetto da tale patologia. Eppure, il 13% della popolazione generale è colpito da un certo grado di malattia renale e quasi il 40% (percentuale sottostimata) della popolazione oncologica presenta un tasso di filtrazione glomerulare (eGFR: un indicatore dello stato di salute dei reni) inferiore al limite della normalità e proprio per questo potrà sviluppare diversi effetti collaterali che dipendono proprio da questa disfunzione.

E il paziente cistectomizzato? Beh, rappresenta di sicuro una delle categorie oncologiche a maggior rischio per lo sviluppo di decadimento renale.

Stiamo infatti parlando di una popolazione che, dopo aver ricevuto una diagnosi medica di tumore vescicale da parte dello specialista oncologo e urologo, può essere sottoposta, in ordine temporale, a terapia medica neoadiuvante, intervento chirurgico e infine terapia adiuvante per ridurre le recidive di malattia.

Tutte procedure che hanno un sicuro riverbero sulla funzione renale, prima o poi.

Non solo. In molti casi i pazienti devono essere sottoposti ciclicamente ad esami radiodiagnostici caratterizzati dall’iniezione di mezzi di contrasto iodati, tanto importanti per il management clinico quanto potenzialmente lesivi sul rene.

E allora, proprio per ridurre le complicanze renali dovute al regime terapeutico per la gestione del paziente affetto da tumore uroteliale, l’onco nefrologia giunge in nostro soccorso, portando la figura del nefrologo all’interno dal team multidisciplinare che gestirà il paziente.

Non basta infatti il dosaggio della creatinina plasmatica, primo importante indice di allarme per la presenza di un danno renale, ma il cui valore viene spesso falsato da diverse condizioni cliniche come ad esempio la sarcopenia (declino della massa e della forza muscolare).  Azotemia, tasso di filtrazione glomerulare stimato o misurato, bicarbonati venosi, fosforemia, paratormone, proteinuria nelle 24h, elettroforesi delle proteine urinarie, indici doppleristici di resistenza renale intraparenchimale sono infatti solo alcune delle voci di esami del sangue, urinari o strumentali che risultano essere necessarie per comprendere se il paziente soffre o meno di un danno renale e che pertanto devono essere indagate in pazienti sottoposti a cistectomia radicale.

Sarà infatti solo attraverso un mirato e personalizzato follow up onco-nefrologico che si potrà prevenire la maggior parte delle insidie renali, supportando in questa maniera il paziente nel suo percorso terapeutico oncologico. Conoscere per l’appunto l’esatta capacità che i nostri reni hanno di pulire il sangue utilizzando una misurazione precisa del filtrato tramite l’esecuzione di una scintigrafia renale o del test allo iohexolo plasma clearance sarà di vitale importanza per adeguare il dosaggio dei farmaci oncologici in terapia neo-e adiuvante per evitare effetti collaterali o brusche interruzioni dei trattamenti per insufficienza renale acuta, così come crisi ipertensive o scompensi cardiovascolari. In parallelo, sapere se il paziente ha una proteinuria in range nefrosico (proteinuria nelle urine delle 24 h maggiore di 3,5 g) è altresì importantissimo per intraprendere terapie mediche volte a bloccare il danno glomerulare o tubulare ed eseguire biopsie renali per evidenziare la patologia renale sottostante, sia essa paraneoplastica (ovvero secondaria alla sola presenza del tumore nell’individuo) o mediata da tossicità farmacologica.

E per quanto riguarda altri due aspetti fondamentali e integrati nella sfera onco-nefrologica, ovvero la dieta alimentare e l’esercizio fisico?

Beh, ne parleremo nella prossima newsletter

 

Dott Francesco Trevisani
Specialista in Nefrologia
Dottorato in Medicina Molecolare
Dipartimento di Urologia
Ospedale San Raffaele di Milano


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