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Prof. Mario Falsaperla

Mario FalsaperlaPresidio Ospedaliero Garibaldi Nesima – Catania

Prof. Mario Falsaperla

Nel nostro giro per l’Italia è finalmente giunto il momento di raggiungere il Sud, quello più profondo. La Sicilia è la regione più estesa e la quinta per popolazione di tutto il territorio nazionale. Nel 2021, con 328 interventi di cistectomia radicale (fonte PNE Agenas), l’Urologia siciliana è l’ottava regione per numero di cistectomia radicali praticate sul territorio. L’ospedale “Garibaldi Nesima” di Catania è la quarta azienda ospedaliera importante per numero d’interventi.

Il Presidio Ospedaliero Garibaldi-Nesima è infatti un punto di riferimento per l'alta specializzazione, oltre che sede del Dipartimento Oncologico di Terzo Livello. Le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture afferenti si caratterizzano per multidisciplinarietà, complessità e peculiarità oncologica, con collaborazioni nel campo della ricerca e della formazione.

Per la nostra Associazione è un grande onore essere accreditati e poter collaborare con questa struttura. Il Prof. Mario Falsaperla è il Direttore dell’Unità Operativa Complessa Urologica. Lo abbiamo già incontrato nella sua struttura e, di recente, al XXVI Congresso Nazionale SIU dove ci ha concesso una breve intervista.

Il carcinoma alla vescica è da sempre una “patologia orfana e complessa”, anche se stanno facendo avanti diverse novità terapeutiche, soprattutto per le fasi localmente avanzate o metastatiche. Per quando riguarda la diagnostica, invece, presso di voi ci sono evidenze particolari o innovative a beneficio della diagnosi precoce che meritino di essere evidenziate?

Per quanto riguarda la diagnosi precoce, l’UOC da me diretta si avvale prevalentemente dell’NBI, tecnologia utilizzata in corso di cistoscopia che consente di evidenziare delle lesioni molto piccole, oltre il carcinoma in situ, neoplasia particolarmente aggressiva che con le tecniche standard è difficile da diagnosticare. Inoltre la possibilità di poterci avvalere di un citologo molto competente, dedicato alla patologia uro-oncologica, consente di ottenere parametri maggiormente definiti e coerenti che, in combinazione all’utilizzo dell’NBI, ci agevolano nella determinazione della diagnosi precoce di neoplasia vescicale.

Quando parliamo di carcinoma uroteliale non ci riferiamo solo alla vescica.

Al Garibaldi Nesima quale livello di competenza e quali attenzioni avete per il tumore dell'uretere?

Presso l’UOC da me diretta vengono eseguiti trattamenti endourologici sia per via ascendente che per via percutanea (chirurgia mininvasiva), quindi conservativi, nei tumori di basso grado (anche voluminosi) sia dell’uretere che dell’alta via escretrice, quindi a livello pielico o a livello caliciale, oltre a effettuare interventi per via laparoscopica di ureterectomia parziale quando il tumore è, sebbene maligno, confinato ad un tratto inferiore ai 3 cm di uretere, preservando in questo caso il rene. In caso di ureteroctomia parziale è importante sottolineare che i controlli vanno effettuati con maggiore frequenza, devono essere quindi più ravvicinati sia dal punto di vista della citologia che dell’esame diagnostico endourologico. Nei casi in cui invece il tumore sia particolarmente esteso e aggressivo dovrà essere effettuata una Nefroureterectomia Laparoscopica che consiste nel rimuovere completamente rene e tutto l’uretere fino in vescica.

In che percentuale avete pazienti che hanno una diagnosi di carcinoma dell’alta via escretrice rispetto alle neoplasie vescicali più comuni?

10 – 15%

Come agisce il “team multidisciplinare” al Garibaldi? Vengono proposte le nuove terapie volte alla conservazione dell’organo, che prevedono appunto la collaborazione delle diverse specialità (chirurgia, medicina oncologica, radioterapia)?

Nella nostra struttura abbiamo un GOM (Gruppi Oncologici Multidisciplinari) URO-ONCOLOGICO all’interno dei quale vengono discussi i casi clinici più complessi e compresi i casi dei pazienti che non desiderano effettuare l’intervento radicale, volendo optare per dei trattamenti Bladder-Sparing e cioè di risparmio della vescica. A quest’ultimi proponiamo, quando ci siano le condizioni cliniche e oncologiche coerenti, un trattamento multimodale, insieme al radioterapista, all’oncologo e ad uno psiconcologo, trattamento combinato Radioterapico-Chemioterapico comunque non esente da effetti collaterali e da rischi di recidiva. Bisogna inoltre sottolineare ed informare bene il paziente che, nell’eventualità ci fosse la necessità in un secondo momento di fare un trattamento radicale, l’intervento diventa più complesso rispetto alla prima linea di trattamento non consentendo sicuramente la realizzazione di una ricostruzione ortotopica di vescica.

Al Garibaldi con quali tecniche viene affrontato l’intervento di cistectomia radicale e in quale rapporto tra loro?

Attualmente operiamo con tecnica open, laparoscopica e, a brevissimo, anche con tecnica robotica perché entro fine dicembre arriverà anche da noi un robot dedicato e quindi avremo a disposizione tutte le modalità chirurgiche presenti nel panorama internazionale. Anche in questo caso sarà importante la selezione dei pazienti in base alle peculiari caratteristiche cliniche ed oncologiche.

In Italia non è ancora consolidata una cultura volta ad aiutare il paziente che dopo un intervento di cistectomia radicale con confezionamento di neovescica necessita di rieducazione e di riabilitazione. In quale modo affrontate questi momenti della nuova vita dei vostri pazienti?

Nella nostra struttura confezioniamo le neo-vesciche routinariamente, in relazione alle caratteristiche oncologiche e cliniche e alle richieste da parte del paziente, la selezione è infatti un momento fondamentale per poter ottenere un risultato ottimale. In questi casi dopo la chirurgia, all’interno dell’ospedale, affidiamo i nostri pazienti ai fisioterapisti che si occupano della riabilitazione del pavimento pelvico indispensabile per la ripresa precoce della continenza urinaria. Per rendere più efficace la riabilitazione i nostri fisioterapisti trattano il pavimento pelvico con una preparazione anche prima dell’intervento.

Sappiamo che nella sua struttura disponete di un “supporto psicologico” dedicato ai pazienti affetti da patologie urologiche. Con quale frequenza i pazienti richiedono l’accesso a questo importante servizio?

Secondo la nostra esperienza i pazienti difficilmente richiedono questo supporto in maniera spontanea. Di solito siamo noi a proporlo perché ci crediamo molto e riteniamo che la consapevolezza della malattia e la possibilità di affrontarla con un adeguato supporto possa agevolare la guarigione o comunque l’accettazione di una situazione che inizialmente può sembrare devastante. Grazie agli psico-oncologi, che si occupano di tutti gli aspetti correlati alla accettazione della malattia e della nuova immagine di sé, è possibile gestire anche i casi più complessi.

Insomma, mi sembra che anche qui in Sicilia ci siano le stesse competenze e le tecnologie che sono presenti al Nord. Perché, malgrado ciò, secondo lei continuiamo ad assistere al pellegrinaggio dei pazienti verso il settentrione? Com’è possibile arginare questo fenomeno che tra l’altro produce importanti disagi e diseconomie a tutto il Sistema?

Noi crediamo che la comunicazione sia fondamentale. I centri che in Sicilia hanno le competenze sia professionali che tecniche purtroppo non sono tantissimi, a differenza del nord-centro Italia, in cui sono presenti svariate strutture che dispongono delle tecnologie all’avanguardia e di relative professionalità. Ritengo infine che le informazioni che arrivano ai pazienti da Associazioni come la vostra siano fondamentali per informarli sulle competenze e tecniche disponibili e sull’elevato grado di professionalità riconosciuto a livello nazionale ed internazionale.

Presso il nostro centro l’urologia oncologica rappresenta la quotidianità e l’eccelenza arrivando pazienti da tutta la Sicilia e dalla Calabria: ciononostante ancora in troppi vanno su Internet a cercare il centro italiano ritenuto “il migliore”.

Pertano in tanti preferiscono effettuare i “Viaggi della Speranza” non considerando che non si tratta di affrontare esclusivamente la chirurgia, ma che bisogna pensare anche al post-intervento, momento in cui è fondamentale essere seguiti da un team di riferimento vicino a casa in grado di affiancare il paziente nella gestione di tutte le richieste ed esigenze che nascono nella quotidianietà.


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