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Archivio news

Tutte le news comparse sul sito Palinuro

Congresso di novembre il giorno dopo

Congresso di Novembre il giorno dopo :

Invito  tutti a leggere gli atti del congresso che sono già sul sito di PaLiNUro,

ringrazio  tutti i partecipanti venuti da Roma, e un grazie speciale  agli illustri professori che ci hanno dato

voce , e ragione,alla tavola rotonda.

Questa la sintesi :

Finalmente sanciti cardini importanti della patologia uroteliale  :

  1. a) Efficace prevenzione e necessità di screening dettato da fattori di rischio
  2. b) Linee guida chiare sulla patologia uroteliale
  3. c) Importanza di lavorare in equipe ( urologo, oncologo ,chirurgo ,radioterapista e eventualmente

     psicologo), pertanto importanza di rivolgersi ad un centro  di cure integrato.

Gettate le basi per una sede ospedaliera a Roma, ci sto lavorando.

Buon Natale a tutti

A presto

Lorella Carolis


Saluto alla Sezione Laziale /Romana di PaLiNUro

Saluto  PaLiNUro e la neonata "Sezione Romana (laziale) Sergio Campanari"  senza nascondere una grande grandissima emozione, come a dire che il dolore  getta le radici per qualcosa di molto importante per tutti.

Sergio, che ha vissuto il suo essere medico nella sacralità del paziente e del rapporto medico-paziente, anche  in virtù della sua storia personale, avrebbe fornito il suo contributo per altri malati e per la prevenzione,  e io in nome di questo vado avanti.

Ci apriamo comunque a chiunque voglia partecipare da altre città del Lazio, visto che per ora siamo i primi “figli “ di madre PaLiNUro milanese , riferimento per tutta la Lombardia.

Percorreremo la nostra strada cercando nuovi indirizzi e iter terapeutici sempre piu  idonei ad affrontare una patologia grave e troppo spesso sconosciuta e sottovalutata dagli operatori del settore.

Grazie a tutti i “miei” iscritti  romani , sostenitori di questo ambìto progetto, per la fiducia accordata a me e a PaLiNUro e auspico una fattiva collaborazione – anche di tipo divulgativo- tra tutti noi.

Speriamo di “..crescere e moltiplicarci “, in questa nostra associazione.

Grazie a PaliNUro per averci aperto le porte.

Grazie al Presidente Edoardo Fiorini per aver messo a disposizione la sua esperienza.

Grazie a Paola Barzaghi  co-ispiratrice di questo cammino.

Grazie a tutti voi che prestate attenzione.

Grazie a chi ci crederà nel futuro e deciderà di essere dei nostri

A presto, Lorella Carolis

Roma, 06 luglio 2018


Benvenuta Laura!

Per fare tante cose ad un buon livello professionale non ci si può improvvisare e, soprattutto bisogna lavorare tanto. D’altrocanto è indispensabile che chi lavora a livello manageriale in un’associazione sia coinvolto direttamente nella patologia. Personalmente, prima di ammalarmi, sono stato prima manager e poi imprenditore. Quando costituì PaLiNUro avevo così sulle spalle un’intera vita fatta di gestione e di organizzazione e credo che questo abbia permesso alla nostra associazione di crescere più rapidamente. I miei spazi di lavoro, la mia età e le quantità di cose da fare non mi permettono più di farcela da solo. Ecco perché l’opportunità “Laura Magenta” si è rivelata ghiotta per tutti noi. A Laura mancano circa 8 anni per la pensione, pertanto non può permettersi il lusso di rinunciare ad uno stipendio, almeno per questo lasso di tempo. La sua preparazione e la sua competenza hanno tuttavia convinto il Consiglio Direttivo di PaLiNUro, dopo diverse analisi e valutazioni, a decidere di accettare la grande sfida dell’impegno di trovare le risorse per sostenerne il costo. Laura, per contro, si assume il rischio – grandissimo di questi tempi -  di lasciare un posto di lavoro sicuro per tentare questa avventura. Laura, che tanti di voi già conoscono ed apprezzano, come nostra volontaria, inizierà dal primo di febbraio a lavorare a tempo pieno in PaLiNuro con la qualifica di “Assistente alla Presidenza”. Non vi posso nascondere la mia emozione nel fare questo annuncio e quanto forza rinnovata mi da il fatto di avere vicino una persona come lei.

AUGURI LAURA!


23 novembre 2018 I° Congresso Palinuro

Contenuti

  • RAZIONALE SCIENTIFICO
  • PATIENT ENGAGEMENT
  • RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DEL CONGRESSO
  • I PROTAGONISTI DEL NOSTRO CONGRESSO
    • I relatori
    • I Nostri “Palinuri”
  • ALCUNI MESSAGGI E COMMENTI DEI PARTECIPANTI A CONSUNTIVO
    • I Medici
    • Il Presidente dei Presidenti delle Associazioni di Volontariato Oncologico
    • “I PaLiNUri”
    • I Wapps dei PaLiNUri
  • ATTI DEL CONGRESSO - GLI INTERVENTI
    • Il Messaggio Augurale Del Prof. Rodolfo Montironi
    • Patient Engagement
      • Apertura dei lavori (E.Fiorini)
      • Sistema Sanità: il progetto della Regione Lombardia, vantaggi a breve e medio termine (L.Coppola)                       Lʼimportanza del coinvolgimento del paziente (G.Graffigna)
    • Tumori uroteliali               
      • Epidemiologia del Carcinoma della Vescica e degli altri tumori uroteliali e prospettive di sopravvivenza (L.F. Da Pozzo)                     
      • Fumo e tumore della vescica (R.Boffi )
      • Bladder Cancer Patient Experience Survey (F.De Lorenzo) Diagnosi precoce e prevenzione: sensibilizzazione e coinvolgimento                        del MMG (M.Maffezzini)
    • Approccio farmacologico e chirurgico
      • Lʼimportanza del coinvolgimento del paziente nel PDTA (E.Fiorini) Condividere con il paziente il PDTA e le opzioni chirurgiche/terapeutiche (R.Colombo)                         
      • Oltre la cistectomia: il ruolo della radioterapia (V.Donato)
    • Trials Clinici
      • Le nuove possibilità terapeutiche nella malattia localizzata (A.Necchi) Lʼimmunoterapia nella malattia avanzata (D.Raggi)                      
      • Oltre lʼimmunoterapia: nuovi bersagli terapeutici (R.Iacovelli)                   Caratterizzazione genomica dei tumori e impatto terapeutico per i pazienti (A.Necchi)                      
      • Non solo consenso informato:arruolamento, consapevolezza e collaborazione con il paziente nei Trial Clinici (P.Mosconi)
    • Sessione PaLiNUro: dal post-operatorio a una nuova vita      
      • La qualità della vita del paziente sottoposto ad intervento di cistectomia radicale con stomia uretero cutanea e derivazioni urinarie intestinali (V.Gordeeva)                         Case history di una paziente: come gestisco la mia incontinenza (A.M.Pongolini)                                                                          Recupero della qualità di vita: approfondimenti sulla sfera sessuale (L.Barbieri)                                                                             Implicazioni e supporto psicologico (M.Bosisio)                        Collaborare con PaLINUro (A.Consalvo)
    • Benvenuto alla sezione laziale
    • Tavola rotonda su case history di un caregiver
      • Storia di Sergio Campanari, medico di grande professionalita e umanità, scomparso per un carcinoma dellʼuretere (modera R.Salvioni)
    • Considerazioni conclusive
      • Considerazioni sulle prospettive dellʼinterazione medico - paziente (L.Saita)
    • LE DOMANDE CHE AVREI VOLUTO FARE…
    • PROSSIMO APPUNTAMENTO

INSTILLAZIONI DEVICE-ASSISTED

INSTILLAZIONI DEVICE-ASSISTED – Emda - Synergo

 

Nel trattamento delle neoplasie vescicali superficiali, purtroppo  raramente, vengono impiegati metodi innovativi, le cosiddette terapie “Device-assisted”: 

- EMDA® (Electromotive Drug Administration). Un sistema di somministrazione endovescicale di farmaci che si avvale di un’apparecchiatura in grado di far passare una particolare corrente elettrica attraverso la parete vescicale aumentando la permeabilità al farmaco che viene instillato.

- Synergo® o termo-chemioterapia vescicale. Una apparecchiatura controllata da un computer riscalda una speciale sonda a micro-onde distribuendo il calore in maniera uniforme all’interno della vescica le cui pareti vengono portate ad una temperatura di 42 gradi. La contemporanea somministrazione di farmaci chemioterapici nella vescica permette di far penetrare i farmaci all’ interno della parete con maggior facilità. 

Seguono maggiori dettagli, per chi lo desiderasse approfondire questi due sistemi di supporto alle instillazioni vescicali.

 

Mitomicina Intravescicale Con Electromotive Drug Administration (Emda®)

 Elettrostimolazione

L’Electromotive Drug Administration (EMDA- Physion®, Medolla, Italia), è una tecnica di somministrazione farmacologica controllata che, mediante l’applicazione di una corrente elettrica pulsata, offre la possibilità di incrementare la penetrazione tissutale di alcuni farmaci per aumentarne l’efficacia.

Uno dei campi di applicazione di questa tecnica è la chemioterapia intravescicale con MMC per il trattamento dei tumori della vescica non-infiltranti la muscolare.

Con l’applicazione dell’EMDA, la somministrazione di farmaci attraverso l’urotelio vescicale è accelerata dall’applicazione di un campo elettrico che attraversa la parete vescicale e stimola lo spostamento direzionale di soluti e ioni.

Una corrente elettrica pulsata (0-30 mA,0-55 V) passa tra due elettrodi connessi ad un generatore a batterie. Gli elettrodi dispersivi sono posizionati su un’area cutanea, detersa ed asciutta, della parete addominale inferiore, offrendo in tal modo un’ampia area di contatto (59,60).

L’elettrodo intravescicale attivo, a forma di spirale, è inserito all’interno del catetere vescicale che assicura

un’uniforme distribuzione della corrente elettrica applicata.

La polarità dell’elettrodo attivo e l’intensità di corrente da utilizzare possono essere stabilite dall’operatore direttamente sul generatore di 46 corrente.

La corretta posizione del catetere in vescica è assicurata dal riempimento del palloncino autostatico, con

3-5 mL d’aria, o soluzione fisiologica, che è delicatamente ancorato sul collo vescicale.

Per la chemioterapia intravescicale con EMDA, il paziente è tenuto in posizione supina su un lettino fino al completamento della procedura.

Il catetere elettrodo, specificamente disegnato per le terapie intravescicali, è inserito in vescica per via transuretrale utilizzando la tecnica sterile standard e un gel lubrificante anestetico.

Dopo aver riempito il palloncino autostatico, la vescica è accuratamente svuotata e si fa un lavaggio vescicale con acqua distillata per rimuovere i soluti urinari che possono interferire con il trattamento.

Si procede quindi all’instillazione in vescica della soluzione che contiene 40 mg di MMC in 100 mL d’acqua bidistillata.

L’elettrodo inserito nel catetere, a cui è assegnata una polarità positiva, e gli elettrodi dispersivi, a cui è assegnata una polarità negativa, sono quindi connessi al generatore di corrente. Il generatore di corrente progressivamente raggiunge il livello di corrente stabilita. La massima intensità di corrente è raggiunta entro 4-5 minuti ed il tempo totale di trattamento è di circa 25 minuti.

Al completamento del trattamento il generatore si spegne automaticamente.

Gli effetti collaterali della somministrazione intravescicale di MMC con EMDA sono per lo più correlati al 47 farmaco instillato. Tuttavia, a causa della corrente elettrica, i pazienti possono riferire formicolio, sensazione di bruciore e talvolta iperattività detrusoriale.

Il catetere elettrodo, a causa del diametro (16 Ch) e della relativa rigidità, può talora provocare un lieve dolore durante l’inserimento in vescica.

La somministrazione intravescicale di MMC/EMDA ha dimostrato di essere di facile applicazione, sicura ed efficace nei pazienti con tumori della vescica non infiltrati la tonaca muscolare.

I vantaggi che la somministrazione intravescicale di MMC/EMDA consente di ottenere sono potenzialmente significativi, e ciò deve essere preso in considerazione nel momento in cui si confrontano le caratteristiche ed i costi della somministrazione intravescicale di MMC/EMDA con la MMC/DP (61).

Termochemioterapia Con Tecnologia Synergo®

L'ipertermia è utilizzata in molti campi medici.

Synergo utilizza una speciale combinazione di ipertermia (riscaldamento), ottenuta dalla somministrazione in loco di energia RF (microonde) insieme con l'instillazione simultanea del farmaco chemioterapico raffreddato.

L'obiettivo dell'ipertermia è raggiungere all'interno dei tessuti una temperatura adatta per consentire al farmaco di penetrare meglio, accelerandone la reazione con il DNA.

Il riscaldamento dei tessuti viene adattato a ciascun paziente e mantenuto in modo dinamico durante il trattamento, mentre la temperatura dei tessuti viene rilevata costantemente e seguita con attenzione.

Siccome la parete della vescica si comporta da buon isolante termico, la penetrazione del calore utilizzando liquido riscaldato non è efficiente (riscaldamento per conduzione/convezione). Invece, con il riscaldamento a microonde, l'energia viene assorbita direttamente all'interno dei tessuti, consentendo un riscaldamento efficiente ed omogeneo, la misurazione in tempo reale, il follow up della temperatura dei tessuti, e la regolazione dinamica dell'energia trasmessa per ciascun paziente, anche in trattamenti futuri (ad esempio, nel caso che il flusso sanguigno nei tessuti aumenti per via del riscaldamento).

Se si usasse il chemioterapico precedentemente riscaldato, non sarebbe possibile effettuare alcuna minima regolazione nel corso del trattamento per adattare il livello di riscaldamento al paziente. Per esempio, pazienti diversi presentano una diversa circolazione sanguigna, diversi tessuti, e cambiamenti dinamici nel corso del tempo, come la vasodilatazione

La termochemioterapia con tecnologia Synergo si basa sul riscaldamento locale delle pareti della vescica e l’instillazione simultanea di un chemioterapico topico (Mitomicina C).

L'unità irradiatrice di energia consiste in un generatore di radiofrequenza (RF), che emana energia in radiofrequenza a 915 MHz, e un'antenna, inglobata nel catetere vescicale.

Il trattamento utilizza instillazioni intravescicali di un agente chemioterapico in concomitanza con l'ipertermia delle pareti della vescica indotte dall'emissione di energia RF, monitorate da termocoppie interne.

Una combinazione appositamente studiata di hardware e software in tempo reale regola l'operazione di visualizzazione dei dati elaborati sul monitor.

Il catetere stesso è di tipo intrauretrale Foley, di calibro 20 CH, sterile, al silicone, con luce tripla, collegato esternamente alla macchina. Esso serve per l'instillazione intravescicale. È dotato di termocoppie per il controllo della temperatura delle parete della vescica e di un'antenna RF, che irradia le pareti della vescica e consente il riscaldamento fino alla temperatura desiderata.

Il catetere svolge 3 funzioni principali:

  1. riscaldamento uniforme della parete vescicale mediante una piccola antenna che emette radiazioni su frequenza radio (radiazioni microonde);
  2. monitoraggio della temperatura mediante 3 termocoppie sensibili in vari punti della parete della vescica per impedire che la temperatura endocavitaria superi i 42 °C;
  3. circolazione del farmaco, tramite un circuito chiuso di pompe, all’interno della vescica e dalla vescica alla macchina operativa.

Tale sistema chiuso impedisce l’inattivazione del chemioterapico e il danno da calore delle pareti vescicali, secondario al riscaldamento intravescicale.

Tutti i dati sono elaborati e monitorati in maniera continua tramite il sistema operativo della macchina permettendo allo specialista di visionare e modificare in tempo reale il funzionamento della pompa del circuito di raffreddamento e l’intensità delle radiofrequenze per mantenere la temperatura ideale di circa 42 °C.

Il trattamento viene eseguito in regime ambulatoriale e dura circa 60 minuti.

Il Synergo® è stato ipotizzato come trattamento di seconda linea in seguito al fallimento di precedenti instillazioni di chemioterapici o immunoterapici.

Dalle banche dati della specialistica ambulatoriale e delle Schede di dimissione ospedaliera dal 2008 ad oggi è stato stimato che il numero di pazienti candidati ad un tale trattamento potrebbe essere di circa 250 in un anno.

I pazienti con tumori superficiali della vescica a cellule transizionali recidivanti vengono sottoposti a resezione endoscopica seguita da instillazione endovescicale postoperatoria di farmaci chemioterapici o di trattemento immunoterapico con vaccino Bacillus Calmette-Guerin (BCG).

In casi di recidiva o progressione vengono somministrati instillazioni successive di chemioterapici e immunoterapici.

Il trattamento termochemioterapico è indicato in tutti i pazienti con malattia ad alto rischio di recidiva e di progressione non responsivi ai chemio ed immunoterapici di comune utilizzo nella pratica clinica anche se in diversi centri ormai viene utilizzata anche come opzione terapeutica di 1° linea (NDR. Un trattamento chemioterapico viene definito di prima linea quando viene somministrato a pazienti non pretrattati, ovvero che non hanno mai ricevuto una chemioterapia. Si parla di trattamento di seconda, terza, quarta …ulteriore linea quando si cambia lo schema di chemioterapia perché la malattia è in progressione ed è necessario usare altri farmaci o la chemioterapia di prima linea non ha ottenuto i risultati desiderati e/o ha provocato delle tossicità non sostenibili dal paziente).

I protocolli di trattamento riconosciuti sono quello profilattico adiuvante (quando praticato dopo la chirurgia, per ridurre la possibilità che la malattia possa ripresentarsi) e quello ablativo (a dosi molto potenti). Entrambi prevedono un ciclo di induzione seguito, in caso di risposta positiva al trattamento, da un ciclo di mantenimento.

Ogni seduta ha una durata variabile da 45 a 60 minuti.

Il trattamento profilattico-adiuvante è indicato per la prevenzione delle recidive dopo asportazione completa della neoplasia e prevede una instillazione settimanale per 6 settimane consecutive seguito da una instillazione mensile per 6 mesi.

La seduta, di 60 minuti totali, si suddivide in 2 fasi da 30 minuti ciascuna.

Ogni fase prevede la terapia con 20 mg di Mitomicina (in totale una seduta prevede 40 mg di Mitomicina) sciolta in 50 ml di acqua distillata.

A metà seduta il farmaco viene rimosso dalla vescica e si procede ad inserire nel sistema la seconda dose. Questa procedura è necessaria per evitare la denaturazione del chemioterapico secondaria al calore.

Il trattamento ablativo è indicato per i pazienti con voluminose neoplasie (> 3-4 cm), che per comorbilità e controindicazioni anestesiologiche non possono essere sottoposti ad una resezione endoscopica prolungata e completa e ai CIS multifocali.

In questo caso la durata del ciclo di induzione è di 8 settimane.

Nel protocollo ablativo cambia anche il dosaggio del farmaco ( Mitomicina 40 mg ogni 30 minuti per un totale di 80 mg di Mitomicina).

La termochemioterapia è controindicata in pazienti con stenosi uretrali (per le dimensioni del catetere dotato di antenna e termocoppie), diverticoli vescicali, piccola vescica e neoplasia uretrale.

Gli effetti collaterali più frequentemente riportati dai principali centri di riferimento si dividono in quelli rilevati durante il trattamento e quelli post-seduta che si accentuano progressivamente al termine del ciclo settimanale o mensile. I primi sono: dolore pelvico, spasmi vescicali e dolore uretrale che generalmente sono ben attenuati da una profilassi con farmaci antidolorifici e/o anticolinergici. I secondi sono: ematuria secondaria generalmente alle caduta d’escara (crosticine) delle lesioni ulcerose da calore secondarie al trattamento (più frequenti su parete posteriore dove generalmente poggia l’antenna che emette radiofrequenze), stranguria (difficoltà o intermittenza nella minzione), disuria (difficoltà dell'orinare), ipersensibilità alla mitomicina, riduzione della capacità funzionale vescicale.

La tecnologia viene utilizzata in ambito ambulatoriale, in regime di day-service, in ambienti dove già vengono eseguiti trattamenti di resezione endoscopica del tumore vescicale, non modificando in misura importante il percorso diagnostico-terapeutico del paziente. Tuttavia la procedura effettuata con il Synergo risulta avere una durata sensibilmente maggiore (circa 60 minuti) rispetto ad una instillazione standard e l’apparecchiatura richiede ambulatori con spazi aggiuntivi.

Inoltre questo tipo di trattamento ha ancora un costo elevato. E’ stato stimato un costo/anno per paziente di circa € 11.000, cifra che include i costi per ammortamento, materiale, farmaci e personale. L’eventuale risparmio legato ad una riduzione del numero di ricoveri per resezioni ripetute e per le cistectomie potrà essere valutato solo qualora l’efficacia clinica venisse dimostrata.

(Fonte: Università degli studi di Pisa Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove tecnologie in Medicina e Chirurgia Scuola di specializzazione in Urologia.  Tesi di Specializzazione Esperienza nell’utilizzo della termochemioterapia con tecnologia Synergo® nel trattamento della neoplasia vescicale non muscolo – invasiva. A.A. 2014-2015 RELATORE Chiar.mo Prof. Cesare Selli CORRELATORE Dott. Vittorio Vocaturo)


Conservazione della vescica trimodale

OBIETTIVO: CONSERVAZIONE DELLA VESCICA

Approccio conservativo combinato

Un approccio terapeutico curativo mirato alla conservazione della vescica può essere proposto anche in casi selezionati di neoplasia vescicale muscolo-invasiva. Esso include una resezione endoscopica estesa in profondità seguita da un trattamento chemio-radioterapico subentrante o concomitante. Pur in assenza di ampi studi randomizzati, sulla base di diversi protocolli del Radiation Therapy  Oncology Group (RTOG) e di numerosi studi clinici di singole istituzioni europee e nordamericane, questo trattamento ha dimostrato di essere un’alternativa sicura ed efficace alla cistectomia radicale per pazienti che rispondano a ben definiti criteri di inclusione. Le linee guida delle maggiori organizzazioni e società scientifiche (National Comprehensive Cancer Network, Società Europea di Oncologia Medica, Società Europea di Urologia, Rete Oncologica Lombarda, ecc.) includono la preservazione della vescica tra le opzioni terapeutiche  in casi particolari di neoplasia muscolo-invasiva.

Le linee guida dell’Istituto Nazionale inglese per la Salute e l’Eccellenza Clinica (NICE) raccomandano di discutere dell’opzione terapeutica di preservazione della vescica con tutti i pazienti candidati alla cistectomia radicale. Ciononostante, in Italia il protocollo di trattamento conservativo è utilizzato solo sporadicamente (2-5% dei casi). Una ragione della limitata diffusione di quest’approccio è sicuramente correlata alla necessità di una stretta collaborazione tra urologi, oncologi medici e oncologi radioterapisti, ancora poco diffusa in Italia.

La Rete Oncologica Lombarda ha recentemente messo in rete un protocollo facilmente fruibile per l’applicazione di questa procedura in tutti i centri che dispongano dei requisiti minimi. Anche in questo caso  è auspicabile che con l’avvento dei team multispecialistici uro-oncologici quest’approccio possa essere offerto al paziente come opzione nei centri di eccellenza.

Team multidisciplinari.

Analogamente a quanto avvenuto per il carcinoma mammario, prostatico e colon rettale, anche l’approccio al carcinoma vescicale si è evoluto da trattamento prevalentemente chirurgico a trattamento multimodale. Lo sviluppo e la rapida espansione di trattamenti potenzialmente efficaci, tecnologicamente complessi e somministrabili da specialisti appartenenti a differenti aree di applicazione clinica ha reso indispensabile l’approccio da parte di un Team Multidisciplinare (TMD) a tutte le neoplasie, comprese quelle della vescica. Per rispondere a quest’esigenza non più eludibile, per la prima volta, tutte le società scientifiche (AIOM, AIRO, AURO, AIRB, CIPOMO, SIU, SIUrO) hanno deciso di intraprendere un processo culturale e clinico-organizzativo che possa offrire gli strumenti idonei per dare forza e unanimità a un pensiero scientifico trasferibile anche ai decisori istituzionali. Questi obiettivi si fondano sull’adozione di linee guida universalmente accettate come espressione dell’evidenza clinica e sulla definizione di un Percorso Diagnostico-Terapeutico Assistenziale (PDTA) clinicamente condiviso oltre che istituzionalmente accettato e formalizzato. Numerose barriere culturali, professionali e funzionali, insieme a difficoltà logistiche ed economiche, hanno costituito una limitazione concreta allo sviluppo e all’implementazione dei TMD nei diversi paesi europei con la conseguenza che, ad oggi, l’impatto documentato delle attività dei TMD nella gestione delle neoplasie rimane ancora limitato così come limitata è l’evidenza attuale di una sua reale efficacia. Non vi è dubbio tuttavia, che l’approccio multidisciplinare sia in grado di esprimere al meglio le sue potenzialità soprattutto nella gestione di casi clinici complessi per i quali la definizione della tipologia e del timing del trattamento può essere decisamente difficoltosa per la presenza di più opzioni terapeutiche e per la sovrapposizione di più competenze. Questo contesto appare ideale per la gestione dei pazienti affetti da neoplasia vescicale muscolo-invasiva. Nella gestione del carcinoma della mammella e del carcinoma della prostata, il ruolo del TMD è sancito da evidenze internazionali ottenute nell’ambito organizzativo di unità multidisciplinari (Breast Unit/Prostate Unit)17.

Per il carcinoma della vescica non sono reperibili al momento esperienze strutturate né in ambito nazionale né internazionale che costituiscano un riferimento; non sussistono di conseguenza evidenze cliniche di efficacia. Tuttavia, esperienze di approccio strutturato in un TMD per le neoplasie urologiche sono in via crescente di attivazione e implementazione in numerosi paesi europei (Inghilterra, Germania, Spagna, Svezia) e i dati preliminari indicano un impatto determinante dell’attività del TMD nella clinica pratica. Fino al 20% dei casi di tumore prostatico, il 25-40% dei tumori della vescica e il 17-35% dei casi di tumore del rene hanno ricevuto, dopo valutazione multidisciplinare, un trattamento diverso da quello che avrebbe ricevuto da un singolo specialista, consentendo sia un’ottimizzazione dei risultati oncologici sia significativi risparmi gestionali18. Il carcinoma invasivo della vescica sembra costituire un campo elettivo di azione del TMD. È facile infatti comprendere come tutte le novità terapeutiche sopra accennate e fortemente auspicate possano trovare la loro realizzazione esclusivamente in un contesto multidisciplinare formalizzato e istituzionalizzato nell’ambito di centri di riferimento a omogenea diffusione regionale e nazionale. L’obiettivo dell’attività dei team multidisciplinari non è la malattia bensì il paziente. In questo contesto il ruolo delle associazioni dei pazienti non solo è auspicabile, ma fortemente raccomandato come parte attiva e integrante dell’intero processo assistenziale.

In Italia infatti, proprio con il determinante contributo di F.A.V.O. – in rappresentanza delle 550 associazioni federate – è stato possibile dare risposte ai nuovi bisogni dei malati, attraverso il riconoscimento di nuovi diritti. Dalla denuncia delle disparità di cura e di assistenza nei diversi ambiti territoriali ad un’azione costruttiva e sinergica per il loro superamento attraverso l’impegno delle istituzioni per garantire parità di trattamento e il miglioramento della condizione di vita delle persone con esperienza di tumore.

(da White Paper del carcinoma della Vescica)

Autore : dott. Renzo Colombo


La robotica

La chirurgia “robotica”

Da circa 20 anni il settore della robotica biomedica è in pieno sviluppo.

La robotica biomedica si prefigge l’obiettivo di sviluppare dispositivi “robotici” da utilizzare in ambito  clinico e sanitario rendendo le attività sanitarie meno invasive , piu precise e favorendo i tempi di recupero dei pazienti.

La chirurgia robotica è la naturale evoluzione della chirurgia mininvasiva videoassistita, e piu di “chirurgia robotica” si dovrebbe parlare di telechirurgia.

Col termine “robotica” si dovrebbe  intendere una  intelligenza artificiale ,ossia sistemi meccanici-elettronici, capaci di elaborare i dati loro forniti e procedere autonomamente allo svolgimento del programma. In realtà questo tipo di chirurgia viene eseguita da un chirurgo posto a distanza del tavolo operatorio che tramite un video e una console è in grado di manovrare gli strumenti chirurgici, analoghi a quelli utilizzati in laparoscopia , introdotti nel corpo del paziente.

La chirurgia “robot assistita” si sta diffondendo sempre di piu nel mondo l’Italia insieme a Stati Uniti, Francia, Germania e Spagna è tra i Paesi in cui fino a oggi si è fatto più ricorso ai robot in sala operatoria.

I robot vengono ora impiegati in

Chirurgia generale

Chirurgia urologica

Chirurgia ginecologica

Chirurgia vascolare

Chirurgia toracica

Sia per interventi di carattere oncologico che no, da analisi fatte negli interventi di tipo oncologico il risultato sulla malattia è sovrapponibile alle tecniche tradizionali (a cielo aperto).

Vediamo quali sono i vantaggi legati alla chirurgia robotica:

Minori perdite di sangue

Migliore conservazione delle strutture anatomiche

Minori complicanze

Minore dolore post operatorio

Tempi di degenza ridotti

Svantaggi

Tempi di intervento piu lunghi

Costo elevato del robot , oltre 2 milioni

Costo elevato dello strumentario, si puo arrivare a un costo di circa 4000 euro a intervento

Ad oggi molti chirurghi  preferiscono ancora la tecnica «classica» a cielo aperto, che è del resto continuamente perfezionata e migliorata , perche i costi maggiori, la durata più lunga dell’intervento e le esigenze tecniche non sono compensati da vantaggi considerati tuttora modesti.

Ma allora quale tecnica operatoria adottare?

La scelta della tecnica operatoria (chirurgia a cielo aperto o mininvasiva) dipende tra l’altro dalle condizioni fisiche del paziente, non possono essere operati con la chirurgia robotica gli obesi, chi soffre di particolari patologie cardiache, oculari, o respiratorie,  in quanto , ad esempio negli interventi di tipo urologico, si richiede che il paziente debba stare, anziché in posizione orizzontale, in posizione a testa in giù (posizione di Trendelenburg) e ciò comporta che vi sia una compressione sul diaframma: pertanto questa posizione non può essere assunta da tutti i pazienti, specialmente dai pazienti cardiopatici gravi e dai pazienti con gravi problemi cardiorespiratori.

Inoltre la scelta della tecnica da adottare dipende anche  dall’esperienza dell’operatore chirurgico. Il buon esito dell’intervento dipende in massima parte dall’esperienza personale del chirurgo  nella tecnica da lui preferita. Non sempre gli apparecchi più moderni e più cari sono garanzia di successo.

 

di: Dott. Luigi Barbieri


Contro le Farmaceutiche

CONTRO LE “FARMACEUTICHE” C’È DEL COMPLOTTISMO O SONO VERAMENTE DEGLI SCIACALLI CHE SPECULANO ALLE SPALLE DELL’AMMALATO?...

Desidero riportare qui di seguito lo stralcio di una discussione in chat tra due amiche appartenenti al gruppo di “auto aiuto” su Whatsapp; devo dire,  tra l’altro,  unico momento di piccola tensione tra i partecipanti, in due mesi d’attività:

Amica “A”

“Vi voglio raccontare una storia vera. Un mio parente fu operato circa 14 anni fa di un tumore al rene. Essendo allergico a tutte le medicine chimiche (non poteva fare nemmeno la tac), ricordo che potette fare solo la PET senza liquido di contrasto, che rivelò dei puntini neri a tutte e due i polmoni. Questo mio parente non fece mai nessuna chemio; si fece curare da un medico omeopata di Novara senza mai prendere medicine tradizionali sintetiche! L’unica cosa che fece fu la PET. Ci credete se vi dico che le cure fatte dall'omeopata sono state per lui un salvavita?.. senza mai alcuna sofferenza. È ancora vivo e vegeto all'età di 83anni. I polmoni sono rimasti invariati da quella prima pet che fece!...Cosa dobbiamo pensare?... Quali sono le cure più indicate e meno tossiche???...”.

Amica “B”

“Sono di indole dubbiosa  e cerco 3000 informazioni dovunque. Il mio obiettivo è in realtà avere chiare tutte le possibilità disponibili, sempre a livello di medicina tradizionale,  per potere poi scegliere quella che valuto migliore per la mia situazione…. In tutto ciò non dico nemmeno quella che ci fa vivere di più ma quella che ci fa vivere meglio”. È tuttavia fondamentale che siano informazioni verificabili ….se si parla di miracoli allora vado a Lourdes…dove pare funzionino in modo più certo!”.

Amica “A”

“Io invece penso che anche se le Farmaceutiche avessero scoperto la cura anticancro non lo rivelerebbero mai, ci sono  troppi interessi!...Come farebbero le grandi aziende farmaceutiche senza questo business?...anche molti dei medici conosco la pensano come me!”:

Insomma, ancora una volta mettiamo in dubbio la medicina tradizionale a favore di terapie che possono intelligentemente essere affiancate (per esempio per la cura degli effetti collaterali o per la riabilitazione), accusandola di nascondere la “già nota” cura definitiva contro il cancro. Tutto questo per non uccidere un business così redditizio. Negli anni ’70 si diceva la stessa cosa nel settore automobilistico, dove avrebbe già dovuto essere pronta una macchina che andava ad acqua. In questo caso avrebbero dovuto essere le grandi aziende petrolifere ad uccidere le neonata proposta.

Di fatto, negli ultimi trent’anni, la medicina ha fatto importantissimi passi avanti nelle cura contro il cancro. Basti pensare che per diverse forme di tumore (testicoli in urologia), se prese per tempo, si arriva fino al 95% di possibilità di sopravvivenza. Per non parlare della qualità del trattamento per esempio nella chemioterapia. Trent’anni fa, probabilmente agli albori, gli effetti collaterali erano difficilmente tollerabili, a differenza di quanto succede ora.

Certo è un business e di conseguenza, come tutti i business sani deve produrre utile, altrimenti non starebbe in piedi?... Però bisogna ricordare che una parte importante di questo utile viene reinvestito proprio nella Ricerca, sempre ai fini del miglioramento (e spesso per protocolli che si rivelano dei “flop”, pertanto costi puri, senza alcun ritorno!...).  Molte farmaceutiche poi desiderano migliorare il loro rapporto non solo con il medico ma anche con il paziente.  Spesso investono fior di quattrini per aiutare la crescita formativa delle Associazioni di Volontariato, aiutandole nella formazione e nei loro progetti rivolti proprio ai loro associati: i pazienti!...Non sono tutte ma sicuramente ce ne sono diverse estremamente attive su questo fronte. Insomma: non si può fare di tutta l’erba un fascio!

Devo dire che alla sua costituzione PaLiNuro ha sempre rifiutato questi aiuti perché, con molta diffidenza, subodorava una forma quasi ricattatoria: in fondo nessuno fa niente per niente!... Devo tuttavia dire che in quasi cinque anni di attività associativa ho dovuto ricredermi e oggi sono convinto che una collaborazione seria e proficua tra Associazioni di Volontariato Oncologico e Farmaceutiche è possibile, senza che l’Associazione debba rinunciare in alcun modo alla propria indipendenza o dovendo subire dei condizionamenti di alcun tipo. Se questo dovesse succedere saremmo comunque pronti a troncare immediatamente la collaborazione, senza alcuna forma di vincolo.

Come noi la pensano tante altre associazioni. Proprio alla fine di luglio scorso sono stati pubblicati i risultati di una ricerca di mercato che le Farmaceutiche hanno fatto proprio per capire come potere collaborare meglio con le Associazioni. Ne pubblichiamo qui di seguito la sintesi.

 Comunicato stampa basato sui dati riportati in una nuova relazione: “La reputazione aziendale delle case farmaceutiche nel 2017, secondo i gruppi di pazienti italiani”, quarta edizione.

Sebbene i gruppi di pazienti italiani abbiano un’opinione per lo più positiva delle case farmaceutiche, ritengono anche che potrebbero essere di gran lunga più efficaci nel comunicare con loro e con i pazienti in generale

  • I punti di vista di 81 gruppi di pazienti italiani.
  • Risultati estratti da un’indagine condotta tra novembre 2017 e febbraio 2018.

La relazione analizza 17 aziende:

AbbVie I AstraZeneca I Bayer I Boehringer Ingelheim I Bristol-Myers Squibb IChiesi Farmaceutici  I Eli Lilly I GSK I Janssen I Menarini I Merck & Co / MSD INovartis I Pfizer I Roche I Sanofi I Takeda I e Teva

I gruppi di pazienti italiani si propongono principalmente di fornire informazioni e sostegno ai pazienti

Il movimento italiano dei pazienti è diffuso in tutta la penisola ed è in gran parte incentrato sulle comunità locali. L’indagine in corso di PatientView, “Analisi comparativa del movimento di pazienti, 2018”, i cui risultati saranno pubblicati ad agosto del 2018, conferma che le funzioni primarie dei gruppi di pazienti italiani sono:

  • fornire informazioni ai pazienti;
  • offrire sostegno reciproco;
  • rappresentare gli interessi dei pazienti sia a livello politico che con i professionisti del settore sanitario.

Dunque, informazioni, conoscenza e comunicazione sono al centro delle attività dei gruppi di pazienti italiani. Tali gruppi indicano inoltre come proprio queste attività possono migliorare la reputazione aziendale delle case farmaceutiche.

Cosa hanno affermato i gruppi di pazienti italiani su reputazione e attività aziendale delle case farmaceutiche

Dal Grafico 1 emerge che nel 2017 la maggior parte dei gruppi di pazienti italiani aveva un’opinione positiva del settore farmaceutico: il 54% degli intervistati ha affermato che il settore aveva una reputazione aziendale “eccellente” o “buona” (l’orientamento dei gruppi di pazienti italiani tende tuttavia a fluttuare di anno in anno, come mostrato sempre dal Grafico 1).

Nel 2017, più di metà dei gruppi di pazienti italiani riteneva che il settore farmaceutico fosse “eccellente” o “buono” nei campi dell’innovazione (51%) e nella fornitura di prodotti di alta qualità (57%).

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GRAFICO 1: Percentuale dei gruppi di pazienti italiani intervistati tra il 2014 e il 2017 che ha affermato che la reputazione aziendale del settore farmaceutico era in generale “eccellente” o “buona”

GRAFICI 2-4: La percentuale dei gruppi di pazienti (al mondo e divisa per 18 Paesi/regioni) che nel 2017 ha dichiarato che l’industria farmaceutica era “eccellente” o “buona”. [I numeri tra parentesi quadre sono i numeri totali dei gruppi di pazienti intervistati per Paese/area geografica.]

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Tuttavia, rispetto ai gruppi di pazienti a livello mondiale, i gruppi di pazienti italiani hanno un’opinione più negativa di altre attività chiave del settore farmaceutico [vedere i Grafici 2-4], soprattutto per quanto riguarda la divulgazione di informazioni ai pazienti e dei dettagli dei finanziamenti degli stakeholder di aziende sanitarie. Questo ha di conseguenza un impatto negativo sulla percezione dell’integrità del settore farmaceutico da parte dei gruppi di pazienti italiani. Inoltre, i gruppi di pazienti italiani sono più negativi dei gruppi di pazienti a livello mondiale riguardo alla capacità delle case farmaceutiche di offrire servizi che vadano “oltre il farmaco”.

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 Richiesta di un maggiore impegno da parte delle aziende farmaceutiche

 I gruppi di pazienti italiani si sono espressi (in diversa misura) su quasi tutti gli aspetti delle attività delle case farmaceutiche e il tema dominante che è emerso è stata la frustrazione per la comunicazione inefficiente delle aziende farmaceutiche. I gruppi di pazienti italiani hanno dunque richiesto un’interazione migliore con le aziende del settore. Un esempio calzante è il commento rilasciato dall’Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari Onlus (ALT).

 “Informazione chiara e utile al paziente.”—Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari Onlus (ALT)

 Quest’associazione ha elencato dettagliatamente i modi in cui le case farmaceutiche possono migliorare la comunicazione con i pazienti e i gruppi di pazienti

  1. 1. Incontrare di persona i gruppi di pazienti (e aiutare le organizzazioni di pazienti a fare networking tra di loro)

“Contattare, anche attraverso i DSM, le Associazioni di pazienti e familiari e proporre modalità e opportunità di partecipazione.”—Gruppo di pazienti nazionale per la alute mentale

  1. 2. Emettere comunicazioni pubbliche più chiare (coerenti e scrupolosamente oneste)

“Comunicare la propria policy in modo chiaro e comprensibile.”—Gruppo di pazienti nazionale per il tumore al seno

  1. 3. Offrire incontri informativi ai pazienti (al fine di aiutarli ad acquisire una maggiore conoscenza del loro trattamento medico)

“Offrire incontri informativi per pazienti e familiari sull’uso corretto, modalità e tempi di assunzione, esiti previsti, effetti collaterali, modalità di automonitoraggio.”—Gruppo di pazienti nazionale per la alute mentale

  1. 4. Fornire strumenti informativi ai gruppi di pazienti (così che possano comunicare meglio con i pazienti che rappresentano)

“Coinvolgere le organizzazioni dei pazienti per spiegare gli effetti collaterali di un nuovo farmaco Oggi si studia la genetica delle malattie e per questo sarebbe utile spiegare agli utenti come e quando é necessario fare una consulenza genetica.”—Gruppo di pazienti regionale per il tumore alle ovaie

  1. 5. Fornire strumenti informativi ai professionisti del settore sanitario (così che possano spiegare meglio ai pazienti la natura del loro trattamento medico)

“Dovrebbe investire nei medici invogliandoli a comunicare di più con i pazienti quando prescrive una terapia e non limitarsi a compilare la ricetta. Come fa altrimenti un paziente a dialogare con la casa farmaceurtica?”—Gruppo di pazienti locale per l’artrite

I gruppi di pazienti italiani hanno inoltre affermato che l’ascolto dovrebbe essere parte integrante del processo di comunicazione e che le case farmaceutiche dovrebbero prestare più attenzione al punto di vista dei pazienti, soprattutto per i problemi legati a ricerca e sviluppo (e per l’esecuzione del trattamento, una volta prescritto). Alcuni dei gruppi di pazienti italiani hanno dichiarato che il loro contributo e quello dei pazienti alla ricerca e allo sviluppo delle case farmaceutiche è indispensabile per l’ottenimento di una buona reputazione aziendale.

Quel è stata dunque la prestazione delle case farmaceutiche nel 2017 in quanto a reputazione aziendale, secondo i gruppi di pazienti italiani?

La classifica delle reputazioni aziendali viene misurata dai gruppi di pazienti che conoscono le aziende.

La classifica delle migliori aziende del 2017 è in gran parte simile a quella del 2016.

  • AbbVieè al primo posto su 17 nella classifica generale del 2017 e ha inoltre conquistato il primo posto per sei dei 12 indicatori individuali della reputazione aziendale.
  • Roche è al secondo posto nella classifica generale ed è inoltre al primo posto per uno dei 12 indicatori individuali della reputazione aziendale.
  • Eli Lillyha ottenuto il terzo posto nella classifica generale e ha conquistato il primo posto per quattro dei 12 indicatori individuali della reputazione aziendale.
  • Janssen è stata l’azienda con il maggior salto in classifica dal 2016 al 2017, in base alla votazione dei gruppi di pazienti italiani che hanno familiarità con l’azienda, passando dall’ultimo posto in classifica nel 2016 al nono posto (su 17) nel 2017. Ha inoltre conquistato il primo posto nel 2017 per uno dei 12 indicatori individuali della reputazione aziendale.

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PROFILI DEGLI 81 GRUPPI DI PAZIENTI ITALIANI CHE HANNO PARTECIPATO ALLO STUDIO DEL 2017

 Campo di specializzazione degli 81 gruppi di pazienti italiani intervistati nel 2017: in numeri

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Area geografica di competenza degli 81 gruppi di pazienti italiani intervistati nel 2017: in percentuale

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Attenzione alle sirene!

ATTENZIONE  ALLE SIRENE!... GLI OSPEDALI CHE SI METTONO TROPPO IN MOSTRA A VOLTE SONO “VENDITORI DI FUMO”

 

Nei primi mesi dell’anno ho avuto il piacere di assistere Antonio, 66 anni, grandissimo sportivo. La sua più grande preoccupazione, con l’avvicinarsi della chirurgia , erano i tempi di recupero. Temeva la perdita del tono muscolare e si sentiva impazzire al pensiero di dovere restare inattivo troppo a lungo.

L’ultima volta che ho avuto occasione di sentirlo è stato il sei giugno scorso. Mi chiamò per sfogarsi sulla lunga attesa a cui l’aveva costretto l’ospedale dove aveva deciso di farsi operare. Quando c’è di mezzo la robotica, si sa, i tempi d’attesa sono più lunghi. Comunque aveva finalmente una data!...

Da allora Antonio, come spesso capita, non si è fatto più sentire. Ero convinto che tutto fosse andato per il meglio e, dovendo mettere insieme “Palinuro Outdoor & Adventure”  pensai di contattarlo per avere anche la sua adesione, prefigurandomelo già in pieno recupero, impegnato in maratone e ginnastica per lo sviluppo degli addominali.

Non potete immaginare la mia reazione sentendo al telefono una persona psicologicamente a pezzi. Capita, con una certa frequenza, che un intervento abbia dei problemi post operatori. A volte anche per imperizia, errore di valutazione o decisione sbagliata durante l'intervento da parte del chirurgo. Siamo tutti esseri umani e “sbagliare e umano”, anche se uno sbaglio addosso a noi è un po’ meno tollerabile.  In questi casi, nella norma, il paziente si aspetta il massimo impegno da parte del medico per raddrizzare la situazione. Se tra medico e paziente poi esiste un rapporto fiduciario, il paziente da tutto sé stesso per aderire alle terapie di riabilitazione proposte dal medico.

Nel caso di Antonio il medico ha sbagliato ma… il suo atteggiamento verso la persona danneggiata è stato di sfida, di arroganza, di disinteresse, quasi se la colpa dell’imperizia professionale fosse del paziente e non sua: “Ma come, l’organismo di questo tizio mi rema contro?...Mi è ostile?...Non fa quello che voglio?...E no!...Mica mi si puoi rivoltare contro!...”.

In questa vicenda anche il personale infermieristico non ha aiutato. In occasione di una chiamata di soccorso l’infermiere di turno si è presentato dopo venti minuti, facendo presente al malato dolorante che in reparto “non era l’unico ad avere problemi”!...Io non sono mai stato infermiere ma se dovessi sentire un campanello suonare andrei subito a fare una verifica, magari tranquillizzando a parole il paziente e comunque dando le precedenze alle priorità. Non sarebbe la cosa più logica!...In venti minuto uno fa in tempo a morire…e non mi si parli di carenza di personale!...Non è accettabile avere solo un infermiere nel reparto di degenza di un ospedale di “quel tipo”.

Non desidero raccontare tutte le tribolazioni di Antonio, né desidero svelare il nome dell’ospedale  in cui è avvenuto il fatto…Nemmeno il nome del chirurgo.

Se lo vorrà lo farà Antonio stesso, uno dei nostri amici silenti, che ci seguono  ma che non se la sentono di mettersi direttamente in gioco.

Il nostro Sito è pronto ad ospitare  tutte le denunce per incapacità di “certi medici”. Non dobbiamo subire passivamente!...Non siamo “carne da macello” ed abbiamo dalla nostra i “diritti dell’ammalato”!...

Allora, rifiutiamo atteggiamenti altezzosi, maleducati, evasivi….Anche se chi li ostenta è un “primario”.

Anche per quanto riguarda gli infermieri. In fondo ritengo che se nel reparto di un ospedale  le cose non funzionano bene,  la colpa sta sempre  nel manico!...Come in ogni altro tipo di attività economica.

PaLiNuro non è un movimento sindacale ma vuole tuttavia evidenziare i casi in cui persone operate, pur essendo vive, restano rovinate per il resto della vita, spesso per “errore” di un chirurgo blasonato che sbaglia e poi non si adopera per raddrizzare il suo errore!

Il nostro sito vuole essere una vetrina per le migliori pratiche, ma anche una gogna per chi lavora male.

Ci sono troppe realtà ospedaliere gonfiate dalla pubblicità e che nella realtà non rispondano alla promessa che fanno nella loro comunicazione roboante: robotica, innovazione, ecc… Troppo spesso le promesse sono gonfiate e troppo spesso vengono disattese.  Troppo spesso in queste strutture sono solo i soldi a motivare i medici e allora forse sarebbe il caso di fare una profonda riflessione, anche tra Servizio Pubblico e Servizio Privato.

In definitiva poi, tornando a PaLiNUro, più passa il tempo e più capisco perché sia per noi così difficile essere attivi in nuovi ospedali: potremmo essere una realtà scomoda, capace di denunciare certe anomalie del sistema. Insomma una presenza non gradita.


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